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La metalmeccanica dopo la legge speciale del 1904

Nei primi due decenni del Novecento l’industria metalmeccanica della provincia di Napoli fa registrare una crescita senza precedenti. Come succede per altri settori, essa è favorita dalla legge speciale del luglio 1904, che concede vari aiuti alle vecchie industrie e soprattutto ne promuove l’impianto di nuove.

Ilva, Napoli
Tratto da: Augusto Vitale, Napoli e l'industria 1840-1990,
Camera di Commercio di Napoli, Collana Studi per il Mezzogiorno

In particolare la legge riserva alle industrie metalmeccaniche e siderurgiche napoletane l’ordinazione di almeno un ottavo del materiale mobile destinato al potenziamento delle ferrovie e gran parte del minerale di ferro ricavato dall’isola d’Elba. L’assegnazione di una quota sicura delle commesse ferroviarie richiama il capitale settentrionale, vale a dire alcune società industriali del Nord e le maggiori banche di investimento italiane, che provvedono al riassetto finanziario e produttivo delle vecchie fabbriche – site dell’area orientale di Napoli – o ne fondano di nuove. Ad esempio la società milanese Officine Meccaniche di Milano con il concorso del Credito italiano rileva ed amplia la Hawthorn-Guppy: con un investimento di 7 milioni e mezzo di lire e 1.500 addetti, la fabbrica si converte verso la produzione di locomotive. Sempre il Credito italiano organizza la trasformazione in società per azioni della Pattison, mentre la Banca Commerciale interviene nell’azienda metallurgica Corradini: la sua accresciuta produzione di fili, foglie e verghe di rame, ottone e bronzo è destinata sia alla marina militare e alle ferrovie dello Stato, sia al mercato privato. Su iniziativa milanese viene fondata la Società Officine Ferroviarie Italiane Anonime (SOFIA), con 600 addetti, cui si affiancano le Officine Napoletane per Materiale Ferroviario e Tramviario, già Benvenuti, sostenute dalla Banca Commerciale italiana, che dispone di circa 2.000 addetti. Poco dopo le due società si fondono nelle Officine Ferroviarie Meridionali (OFM), il più importante nucleo produttivo del settore ferroviario. Non manca qualche intervento del capitale straniero: è il caso dell’antica fonderia De Luca, in cui nel 1906 entra l’azienda automobilistica inglese Daimler per avviarvi la produzione di automobili, ma con scarso successo, mentre un buon andamento continuano ad avere le produzioni legate alla lavorazione della ghisa. Non tutte le fabbriche metalmeccaniche sono legate ai nuovi interventi capitalistici e alla legge speciale: infatti, grazie alla gestione statale, sono in crescita in questo periodo anche gli antichi Cantieri navali di Castellammare, che costruiscono alcune delle più grandi corazzate e degli incrociatori della Marina italiana. Alla cantieristica si rivolge anche una nuova industria privata sorta a Napoli: la Società Bacini e scali napoletani. L’azienda industriale della provincia di Napoli che ha i maggiori progressi nei primi quindici anni del Novecento è la fabbrica di cannoni Armstrong di Pozzuoli;

Cantieri Armstrong, Pozzuoli (NA)
Tratta da: Augusto Vitale, Napoli e l'industria 1840-1990,
Camera di Commercio di Napoli, Collana Studi per il Mezzogiorno

grazie alla fusione con l'Ansaldo di Genova, nel 1903, diventa uno dei due poli della più grande industria meccanica italiana, specializzata nelle produzioni belliche. Il settore industriale avvantaggiato in modo maggiore dalla legge speciale del 1904 è quello della siderurgia, perché a Bagnoli – sulla costa occidentale della città di Napoli – viene costruita un’enorme acciaieria da parte della Società Anonima Ilva, chiamata così dal nome latino dell’isola d’Elba, che poteva beneficiare di una imponente riserva di minerale di ferro italiano (oltre a varie esenzioni fiscali e doganali).

Acciaieria Thomas, Bagnoli (NA)
Tratto da: Augusto Vitale, Napoli e l'industria 1840-1990,
Camera di Commercio di Napoli, Collana Studi per il Mezzogiorno

I primi impianti sono costruiti nel 1907-8; tra il 1910 ed il 1911 entrano in funzione la prima batteria a coke e il primo altoforno, poi altri due altiforni da 250 tonnellate e quattro e poi otto forni Martin da 50 tonnellate. Presto la fabbrica si afferma come uno dei principali centri siderurgici italiani. Nel 1911 l’Ilva assorbe le Ferriere del Vesuvio di Torre Annunziata, già di vaste dimensioni. La produzione dell’Ilva, destinata prevalentemente all’industria metalmeccanica e cantieristica, riceve un ulteriore impulso durante la guerra di Libia del 1912 e soprattutto durante la prima guerra mondiale, quando arriva a raddoppiare la propria produzione. D’altra parte, durante la grande guerra tutta l’industria metalmeccanica della provincia di Napoli, come quella dell’intera penisola, si rafforza ulteriormente. Molte fabbriche – tra cui Officine Meccaniche ex Hawtorn-Guppy, Armstrong, Ilva, Pattison, Bacini e Scali – passano sotto la giurisdizione militare e raggiungono alti picchi di produzione. Finita la guerra, e terminata la mobilitazione industriale per la corsa agli armamenti, l’industria metalmeccanica della provincia di Napoli ha una lunga fase di riflusso, causato dalla necessità di riconvertire la produzione. L’Ilva arriverà a chiudere del tutto nel 1924. Segue – per questa azienda e per le altre fabbriche metalmeccaniche – una contenuta ripresa, con migliori risultati nella seconda metà degli anni Trenta. Perché l’industria metalmeccanica della provincia di Napoli possa tornare a livelli produttivi di interesse nazionale bisognerà attendere la ricostruzione ed il miracolo economico degli anni ’50 e ’60.

Silvio de Majo

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