L'Italia repubblicana
Il dopoguerra
 

Con la fine della seconda guerra mondiale il contesto internazionale è dominato dalla “guerra fredda” nei rapporti tra le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, latrici di messaggi politici ispirati all’espansione della democrazia liberale, al regime di concorrenza economica e all’ampia libertà individuale da un lato, dall’altro al modello colletivistico del partito unico e della pianificazone centralizzata.

Elettori in fila davanti all’Università nelle elezioni del 2 giugno1946 (Foto Troncone)
da «La Provincia di Napoli»

Liberata e riunificata nella primavera del 1945 grazie all’avanzata degli alleati e all’azione partigiana, l’Italia è in condizioni gravissime per i danni che la guerra ha provocato all’apparato industriale, all’agricoltura, al patrimonio zootecnico, al sistema dei trasporti, all’ edilizia. La mancanza di alloggi e la disoccupazione incidono sulla precarietà dell’ordine pubblico, che nel Mezzogiorno si evidenzia nell’ occupazione di terre incolte e latifondi o nell’acuirsi del contrabbando e della “borsa nera” (commercio clandestino dei generi razionati).
Il ritorno in campo delle forze politiche e dei partiti (socialista, comunista, Democrazia cristiana, Partito liberale, Partito repubblicano e Partito d’azione, l’ “Uomo qualunque” e dal dicembre 1946 anche il neofascista Movimento sociale italiano) consente la creazione del governo Parri, poi del governo De Gasperi. Il referendum del 2 giugno del 1946 sancisce la caduta della monarchia e l’avvento della repubblica, viene eletta l’Assemblea costituente, in cui è netto il predominio della Democrazia cristiana (D.C.). Tra il 1946 ed il 1948 è varata la Costituzione, l’Italia si adegua ai modelli capitalistici occidentali. Primo presidente è il liberale Enrico De Nicola, col consenso dei tre partiti di massa, democristiano, socialista e comunista. Questi ultimi, dopo una iniziale compartecipazione al governo, a causa di scissioni all’interno della Sinistra, sarebbero passati all’opposizione e, col secondo governo De Gasperi, sarebbe iniziato il periodo del predominio governativo della D.C., rafforzata dal 48,5% dei consensi ottenuto elle elezioni del 18 aprile del 1948. La polarizzazione tra i due schieramenti, sia a livello centrale che locale, evidente anche nei problemi di ordine pubblico successivi all’attentato a Palmiero Togliatti (14 luglio 1948), leader del Partito Comunista, ha come conseguenza un acuirsi dei controlli.

Gli anni del centrismo e l’economia del benessere
Il centrismo dei governi di De Gasperi tra 1948 e 1953 consente il varo della riforma agraria e della Cassa del Mezzogiorno, per finanziare lo sviluppo di infrastrutture e strutture industriali delle regioni meridionali. La ricostruzione economica, avviata nell’ambito del piano Marshall, permette, grazie alla politica di Luigi Einaudi, ministro del Bilancio del secondo governo De Gasperi, un recupero di acquisto della lira, un calo dei prezzi che dà fiducia ai riparmiatori e ai salariati. La disoccupazione tuttavia non diminuisce e i fondi statunitensi hanno l’effetto di incentivare l’ importazione di derrate alimentari e di materie prime più che la domanda interna.
Il consolidarsi della ripresa economica con i governi dal 1953 in poi (sempre di prevalenza democristiana, ma con esigua maggioranza quadripartita) si precisa con il piano Vanoni di programmazione economica, nel 1955, e con la creazione, nel 1956, del ministero delle Partecipazioni statali, secondo principi che già negli anni precedenti avevano consentito la creazione dell’IRI (Istituto per la ricostruzione industriale) e dell’ENI (Ente nazionale idrocarburi).
Il boom dell’economia a livello internazionale incide anche sulla realtà del Mezzogiorno, accompagnato dall’esplosione demografica post-bellica, da maggiore domanda di beni di consumo, di abitazioni, scuole, ospedali, con input alla formazione di forza lavoro più giovane e qualificata, grazie al potenziamento dell’istruzione tecnica.

Dai processi espansivi al 1968
All’inizio degli anni Sessanta l’ingresso dei socialisti nell’area di governo dà inizio alla stagione politica del centro-sinistra con i governi Fanfani, e dal 1963 al 1968 con i governi Moro, Rumor e Colombo, mentre la Sinistra si frantuma con scissioni e tensioni interne. Tale fase consente riforme quali la creazione della scuola media unificata (1963), l’ordinamento regionale, attuato però solo nel 1970, l’imposizione fiscale nominativa sui titoli azionari, tuttavia progressivamente modificata, la nazionalizzazione dell’industria elettrica, portata a compimento nel 1962 con la creazione dell’Enel (Ente nazionale per l’energia elettrica).
La realtà della provincia napoletana si inquadra con sue modalità nel clima generale condizionato da notevoli fattori di rinnovamento: tecnologico, produttivo, commerciale, con l’azione delle multinazionali, la diffusione delle materie plastiche e delle fibre sintetiche, il boom della motorizzazione privata. Nel campo della comunicazione di massa (mass media) è sempre più invadente la presenza della radio, del cinema sonoro, della televisione, della musica leggera, grazie ai progressi della tecnologia elettronica.
Si profila una società dei consumi basata su un uso massificato di beni prima riservati solo ad alcuni strati sociali (elettrodomestici, televisori, apparecchiature sonore, spazio maggiore per il loisir e i viaggi), sull’ uso smodato del superfluo, che diventa una necessità, a causa della standardizzazione, su modello statunitense, degli stili di vita. Nel 1963-64 il “miracolo economico” è frenato dalla riduzione degli investimenti; la ripresa della crescita dal 1966 in poi evidenzia comunque le incongruenze del modello italiano di sviluppo. L’esodo dal Sud verso il Nord e dalle campagne verso la città, fenomeno molto evidente nella provincia di Napoli, si accompagna all’incremento dell’occupazione nel settore del commercio e dell’edilizia, ma dà luogo ad un’espansione urbana caotica, senza piani regolatori, all’insegna della speculazione.
Il rifiuto ideologico di queste modalità e contraddizioni della “società del benessere” si manifesta nella contestazione della tirannia tecnologica. Tra la fine del 1967 e l’inizio del 1968 la mobilitazione degli studenti nelle università e poi della classe operaia riprende i temi della contestazione antimperialista e anticonsumista nella critica alla società borghese e propone con forza un nuovo modo di fare politica, ispirato alla democrazia di base, all’egualitarismo, alla spontaneità, all’assemblearismo, all’ operaismo. Tutto ciò influenza i comportamenti complessivi dei singoli e dei gruppi, i rapporti personali, familiari, tra i sessi, generando anche un nuovo protagonismo femminile.

Gli anni Settanta: riforme e terrorismo
L’ “autunno caldo” alla fine del 1969 si svolge all’insegna della lotta salariale dei lavoratori dell’industria, gestita dalle confederazioni sindacali, che assumono un peso sempre maggiore nella vita del paese. In questo clima viene approvato dal Parlamento, nell’autunno del 1970, lo Statuto dei lavoratori, sono istituite nel 1970 le Regioni, è introdotto il divorzio, nel 1975 è riformato il diritto di famiglia, che sancisce la parità giuridica fra coniugi, è abbassata la maggiore età, e quindi il diritto di voto da ventuno a diciotto anni, nel 1978 è legalizzata e disciplinata l’interruzione volontaria della gravidanza.
 Le elezioni regionali del 1975, vinte dal PCI (Partito comunista), all’insegna del “compromesso storico” fra le forze comuniste, socialiste e cattoliche, sostenuto da Enrico Berlinguer, vedono sorgere giunte di sinistra in molte regioni e grandi comuni italiani, e preludono alla fine dei governi di centro-destra con le elezioni del 1976. Col governo Andreotti, governo di “solidarietà nazionale”, l’ingresso dei comunisti nella maggioranza non genera il processo di rinnovamento politico e sociale in cui si era sperato, fra gli scandali legati alla corruzione, al finanziamento dei partiti e la persistente pratica di lottizzazione delle cariche pubbliche in base agli schieramenti.
E’ questa anche la stagione del terrorismo politico, di destra e di sinistra, scandito dalle prime imprese delle Brigate rosse, fino al sequestro e assassinio di Aldo Moro, presidente della D.C. (1978), della “strategia della tensione”, dell’aumento del prezzo del petrolio a causa dei conflitti arabo-israeliani con conseguente aumento del tasso di inflazione.

Gli anni Ottanta e la crisi della prima repubblica
Finita la fase della “solidarietà nazionale”, gli anni Ottanta sono caratterizzati dal rientro della spinta a sinistra degli anni precedenti e dalla progressiva riduzione del ruolo del sindacato. Con le elezioni del 1979 torna al governo il pentapartito, una coalizione di centro-sinistra, poi allargata anche al Partito liberale, e si segnala dal 1983 la presidenza del leader socialista Bettino Craxi, portatore di un nuovo corso nella politica del suo partito. Il rinnovamento interno alla D.C., che in questi anni perde per la prima volta la presidenza del consiglio, è legato invece all’ azione di Ciriaco De Mita. Il Pci, anche per effetto della improvvisa morte del suo leader, Enrico Berlinguer, ottiene nelle elezioni europee del 1984 il superamento della DC ma nelle elezioni amministrative del 1985 è ridimensionato. L’estensione del pentapartito alle amministrazioni locali allontana i comunisti dal governo di molte città e regioni conquistate dal 1975.
Il costo del lavoro, il problema della spesa pubblica, notevolmene ampliatasi soprattutto nei campi della sanità, dell’istruzione, della previdenza, senza garantire una proporzionata efficienza, mettono in discussione gli eccessi delll’assistenzialismo e il Welfare State. Dal 1984 si registra una certa ripresa dell’economia e una positiva ristrutturazione della grande industria pubblica (siderurgica, meccanica e chimica), anche se a spese della collettività, con l’aumento della disoccupazione e la cassa integrazione sovvenzionata dallo Stato.
La crescita complessiva deve molto anche alla economia sommersa, legata a numerose piccole imprese che, grazie a intensivi turni di lavoro, non osservanza delle regole sindacali, mobilità di manodopera ed evasione fiscale (ma talora anche grazie all’innovazione tecnologica), sono capaci di garantire alta produtività a basso costo e di adattarsi rapidamente alle esigenze del mercato. Notevole anche lo sviluppo del terziario che supera per numero di addetti quello dell’industria e dell’agricoltura.
La corruzione, il dilagare della malavita, legata a fenomeni camorristici e mafiosi capaci di propagarsi anche al di là delle regioni meridionali, l’allargarsi in maniera esponenziale del mercato della droga, non compensano la sconfitta del terrorismo. Il distacco fra classe politica e società civile aumenta la diffidenza verso i partiti e diffonde la sensazione di ingovernabilità del paese, che alimenta l’esigenza di riforme istituzionali. Trovano spazio alla fine degli anni Novanta nuovi gruppi come gli ambientalisti (i verdi) e le leghe, soprattutto al Nord, che nelle elezioni amministrative del 1988 hanno un notevole successo, cavalcando la polemica contro la corruzione politica, la fiscalità, e i sentimenti xenofobi e antimeridionali.
La crisi del sistema politico induce alla ricerca di un correttivo nel superamento del sistema elettorale proporzionale e nell’adozione del sistema maggioritario (1993), ma sia il quadro internazionale che le vicende giudiziarie di “tangentopoli” accelerano la crisi dei partiti di governo, soprattutto DC e PSI.  

La società post industriale e la seconda repubblica
Lo smembrarsi dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni Novanta e il crollo del comunismo nell’Europa orientale, le varie fasi della crisi mediorientale fra Israele e Palestinesi sono gli aspetti più evidenti di un mondo che si muove all’unisono per la rapida ripercussione dei macroeventi anche nelle vicende delle varie nazioni e delle zone apparentemente periferiche.
La realizzazione dell’Unione europea nel 1992 impone scelte politiche, economiche e sociali che vivacizzano la vita dei paesi membri, ma pongono problemi di convivenza con la ripresa dei sentimenti autonomisti e nazionalisti comune a molte aree.
Lo sviluppo dell’elettronica e dell’informatica, la prevalenza del terziario e dell’informazione rispetto al ruolo della fabbrica, i flussi migratori verso le aree ricche, sono inquadrabili anche per la provincia napoletana nell’ambito del processo di globalizzazione. Lo stesso può dirsi per gli aspetti sociali del fenomeno, fortemente contraddittori: società multietniche tendono a far dialogare le culture, ma contemporaneamente si acuiscono la difesa delle tradizioni nazionali e locali, il peso della componente religiosa, soprattutto cattolica e islamica.
In Italia la crisi economica per il deficit pubblico, la svalutazione della lira prima e poi l’effetto dell’introduzione della moneta europea, il dilagare della malavita e della corruzione, legati a fenomeni come l’immigrazione clandestina dal Terzo mondo, sono fenomeni pressanti degli ultimi anni. La “seconda repubblica” (1992-1994), cioè l’ assetto politico determinatosi col crollo del sistema dei partiti, cerca di far fronte a problemi interni che sempre di più hanno uno stretto rapporto col quadro internazionale e comunque richiedono interventi chiari e decisi. La legge elettorale maggioritaria dà luogo, dopo i governi Amato e Ciampi, ad una forma di bipolarismo, che vede l’alternarsi di governi di Centro Destra con a capo Silvio Berlusconi (1994 e 2001) e di Centro Sinistra, con a capo Romano Prodi (1997) e poi Massimo D’Alema e di nuovo Prodi (2006). Con diverse modalità e precarie maggioranze essi hanno affrontato i problemi ancora non risolti del superamento della instabilità politica e delle riforme istituzionali: tra queste ultime grandi mutamenti riguardano nel 2001 i poteri degli enti locali, con l’ampliamento della potestà legislativa delle regioni e ampie autonomie concesse a comuni, aree metropolitane, province.

Renata De Lorenzo

 
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