L'Italia repubblicana - Servizi e infrastrutture - Istruzione Pubblica

La pubblica istruzione, dalle scelte industrialiste all’impegno ambientale

Le vicende dell’istruzione nella Provincia sono il riflesso della politica nazionale e delle riforme della scuola secondaria dell’Italia repubblicana. Da un lato persiste la  predilezione per gli studi classici nelle classi più agiate, dall’altro si verifica il frequente abbandono degli studi dopo la scuola media o equiparate o dopo la licenza elementare. L’entroterra della provincia è zona agricola, con un tasso di analfabetismo tra i più alti d’Italia ed ha scarsa sensibilità per l’istruzione tecnica e scientifica che trova invece spazio a Napoli e nei centri più grandi della provincia stessa, interessati a forme di attività industriale.
Rispetto ai primi anni post-bellici, allorché lo sviluppo si configura nell’ottica industrialista, con forti interventi dello Stato, si assiste dagli anni Ottanta ad un recupero di valori post-moderni o post- industriali, il che comporta scelte nella direzione della formazione permanente, della lotta alla disoccupazione, della professionalizzazione. L’educazione trova un forte legame con la tutela del territorio su cui la popolazione vive e opera.

a) Il dopoguerra e l’attenzione all’istruzione scientifica e industriale

Le leggi base relative agli oneri e alle attribuzioni in materia di edilizia scolastica e di personale non insegnante risalivano al 1934 e 1924 rispettivamente. Esse prevedevano differenze secondo il tipo di istituto. La legge comunale e provinciale del 1934 stabiliva che gravassero sulla provincia le spese per istituti tecnici (commerciale e  per geometra), licei scientifici, istituti nautici e agrari,  relativamente a personale non insegnate, locali, riscaldamento e illuminazione, materiale didattico e scientifico e spese d’ufficio, biblioteca e altro. Le altre spese per questi stessi istituti erano a carico dei comuni.
Nei primi anni Cinquanta non mancavano istituti tecnico-commerciali ma funzionano due soli istituti industriali, l’Alessandro Volta e il Leonardo da Vinci e un solo liceo scientifico, il Vincenzo Cuoco, questi ultimi tutti a Napoli.
Per rispondere  alla politica di intervento statale, che comporta la creazione di  nuove industrie in zone prevalentemente agricole,  come quella  di  Casoria-Afragola, Pozzuoli-Campi Flegrei, area  vesuviana, nonché il potenziamento delle industrie esistenti nel napoletano,  è  incrementata l’edilizia; l’  intenso processo di trasferimento della popolazione dai centri agricoli ha dato luogo ad enormi insediamenti.
Il mutamento della struttura sociale e l’aumento della popolazione scolastica comportano dal 1955 una particolare attenzione all’istruzione tecnica e nel 1961-1962 oneri per Istituti Commerciali e  Industriali, Nautici e Agrari,  Licei Scientifici e Istituti professionali (Alberghiero),  la cui frequenza passa  in tutta la provincia da 8.000 allievi dell’anno scolastico 1955-1956  a 18.953 nel 1959-60,  20.836 nel 1960-61,  22.917 nel 1961-62,  oltre 24.000 nel 1962-63.

L’assessore alla Pubblica Istruzione, prof. Occipite De Prisco, riesce ad ottenere nel 1961-62  cifre consistenti per l’edilizia scolastica: nel bilancio del 1963 sono stanziati per il settore due  miliardi e mezzo (a vantaggio anche dell’ Istituto tecnico  «E. De Nicola» al Vomero, dell’Istituto tecnico di Frattamaggiore, di quello di  Nola, dell’Istituto «E. Cesàro» di Torre Annunziata e dell’Istituto «Pantaleo» di Torre del Greco, cui è aggregata una sezione per geometri.

La nuova sede dell’istituto tecnico-commerciale di 
Nola all’inizio degli anni ’60.
Il nuovo edificio dell’Istituto tecnico Pantaleo di Torre del Greco all’inizio degli anni ’60.

Sono progettate e approvate opere per istituti tecnici a Napoli (ma anche per il liceo V. Cuoco), Casamicciola, Castellammare, S. Giuseppe Vesuviano, Pomigliano d’Arco, Portici, Torre Annunziata, Afragola, fidando nei fondi stanziati o dalla legge speciale per Napoli o dai contributi ministeriali.  Molto viene anche speso per il fitto dei locali.  Sia le nuove che le vecchie sedi sono dotate  di arredamenti e di apparecchiature didattico-scientifiche e officine che rispondono alle esigenze dei nuovi programmi ministeriali; gli interventi  in questo caso riguardano anche il G.B. Della Porta, il Mercalli, il Masullo  di Nola, il Silvestri di Portici, il Marconi di Torre Annunziata, nonché le Scuole professionali e gli Istituti di avviamento (l’Istituto Alberghiero di Stato, a Napoli e nelle succursali di Ischia, Vico Equense e Castellammare di Stabia).

Il laboratorio dell’Istituto tecnico industriale “Guglielmo Marconi”  negli anni ’60.
I licei scientifici della Provincia tra il 1959 e il 1964.

Nel 1959-60 da un solo liceo scientifico se ne registrano tre: il Cuoco e  il Mercalli a Napoli, quest’ultimo istituito poco prima del 1959, il Silvestri a Portici, con un totale di più di 2000 allievi, destinato a crescere negli anni successivi e arrivare sui 3500 a metà degli anni Sessanta. All’inizio degli anni Sessanta sono  istituite tre sezioni sperimentali dei suddetti licei  a Marigliano, Somma vesuviana, Castellammare di Stabia, segno dell’interesse della popolazione di questi grossi comuni.

Gli istituti industriali nella provincia dal 1959 al 1964>

Incremento ancora maggiore è quello degli istituti industriali, il Volta, il Fermi, il Leonardo da Vinci, il Marconi, mentre molto più contenuto è quello degli istituti commerciali.
Gli istituti scolastici a carico dell’amministrazione comunale (scuole elementari e medie, sei licei classici, quattro istituti magistrali, 9 istituti professionali per l’artigianato, 4 istituti professionali per il commercio) sono anch’essi incrementati, ma per queste scuole occorrono nella sola città più di 5000 aule. Sono subito evidenti le insufficienze dell’edilizia scolastica di Napoli, conseguenza anche dell’inurbamento, destinate ad accrescersi.

Fonte: Un’indagine, pubblicata nel 1964, sui licei scientifici e sugli istituti industriali di Napoli e provincia tra il 1959 ed il 1964, ad opera del dott. Pasquale Sito, della Ripartizione Pubblica Istruzione    della Amministrazione provinciale, in “La Provincia di Napoli”,  1964, 1; Luigi Athos Sottile,  Il Comune di Napoli e la Scuola, Ivi, 1964, 3, che contiene un elenco di nuove scuole, con relative spese.

b) Gli anni Settanta

L’introduzione della scuola media unica comporta negli anni settanta il licenziamento di un maggior numero di allievi e quindi  un fabbisogno accresciuto di aule.  La riforma, limitata alla  scuola media, ignora l’istruzione di 2° grado,  di competenza della Provincia, che tuttavia  pone  il problema di un rinnovamento radicale nelle sue  attribuzioni in materia di istruzione pubblica, chiedendo il riconoscimento di poteri decisionali e promozionali.
Ingerenze reciproche e conflitti di competenza,  soprattutto per il personale non insegnante dipendente dalla provincia e non dal ministero, sono denunziate da Giuseppe Binni (La provincia e il problema dell'istruzione, in “La provincia di Napoli” 1974, 1-2) che sollecita modifiche anche alle disposizioni del 1934 sugli oneri a carico della provincia in materia di edilizia scolastica. Nuove scuole sono istituite senza  programmazione, su  sollecitazione spesso dei centri più popolosi per motivi di prestigio, con conseguente accentuazione dello squilibrio rispetto al mercato del lavoro, in quanto non si tiene conto delle  previsioni di professionalità e di occupazione. Gli enti locali dovevano orientare la scolarità tenendo presente il processo produttivo. Poteri decisionali affidati alla Provincia dovevano consentirle di operare in aderenza alla realtà socio- economica dell’area di competenza.

c) Gli anni Ottanta

Nella provincia mancano in genere  edifici scolastici, cioè costruiti  per ospitare scuole, conseguenza della crescita irrazionale e disordinata degli insediamenti  urbani negli ultimi decenni, della lottizzazione selvaggia senza infrastrutture.
Il sisma del 2 novembre 1980 acuisce i problemi della scuola napoletana. Molte aule sono occupate da “terremotati”  e si protrae a lungo la situazione di emergenza. Locali fatiscenti, adibiti a plessi scolastici, civili abitazioni trasformate in aule scolastiche, sono  di proprietà per la maggior parte di società immobiliari private.  Si interviene o con l’edificazione di nuovi istituti (nel 1984 la Provincia consegna gli edifici del X liceo scientifico di via Domenico Fontana, VI ITIS di via S. Domenico,  il liceo Caccioppoli in via De Giaxa) o con l’uso del fitto di locali, nonostante la difficoltà nel primo caso di trovare aree libere ed edificabili, soprattutto a Napoli, con  costi alti e tempi lunghissimi. Si riattano locali con i contributi della legge post-terremoto. La provincia riesce nel 1984 a consegnare sei nuove scuole a Napoli.
La precarietà dipende anche da un raddoppio negli ultimi dieci anni  della popolazione scolastica afferente agli istituti di competenza della provincia (licei scientifici e istituti tecnici vari), situazione  che non ha riscontro in alcuna provincia d’Italia. Un piano triennale elastico, già predisposto,  tiene conto dei bacini di utenza e della loro consistenza presente e futura, anche in vista di un calo della natalità che potrebbe rendere inutili o sovradimensionate molte strutture dopo qualche anno. Per la manutenzione ordinaria si ricorre ad appalti. La carenza del personale non docente, bidelli e addetti alla segreteria, più volte denunciata dall’assessore Giovanni Russo, è anche motivo delle sue dimissioni e di sue ripetute denunce.
Il decreto Legge  47/86 prevede lo stanziamento di 4000 miliardi per l’edilizia scolastica;  l’assessorato, insieme alla Commissione pubblica istruzione, prepara un piano di interventi sulla base dei distretti, con lo scopo di eliminare doppi turni e pendolarità, seguendo le nuove direzioni di sviluppo della città di Napoli e l’insediamento delle popolazioni in alcuni comuni dell’hinterland, per lo smantellamento dei campi-containers dei terremotati nel territorio comunale di Napoli.

Fonte: Giuseppe  Russo, vicepresidente e assessore alla P.I.,  L’impegno della provincia nel settore dell’edilizia scolastica, e Id. Un'attenta programmazione per il futuro della scuola napoletana, in “La Provincia di Napoli, 1984, nn. 1-5 e n. 6; Luigi  Cautiero, assessore alla P.I. e all’edilizia scolastica,  Il piano straordinario per l'edilizia scolastica, 1986, 1-2.
 

d) La scuola professionalizzante

Se negli anni Sessanta e Settanta ci si limitava ad un generico “diritto allo studio”,  negli anni Ottanta si  parla piuttosto  di diritto all’educazione, cioè alla formazione culturale e professionale, che si prospetta come educazione continua e permanente.
La crescente terziarizzazione della società napoletana fa prevedere la necessità di figure professionali di altissima specializzazione, con  “larghi spazi nel settore emergente dei servizi sociali e culturali” (Giovanni Alterio, assessore alla formazione professionale, La formazione professionale degli anni '90: problemi e prospettive, in “La Provincia di Napoli”, 1984, 6). “Nuovi mestieri”, legati alla crescita dell’informatica, si collegano alla ipotesi di fare di  Napoli un  polo della ricerca scientifica e tecnologica, occasione di un’autentica crescita civile.   Una professionalità in rapida e costante trasformazione, nell’ottica della mobilità del lavoro,  adeguata ad una società dinamica, coinvolge la scuola e il suo rapporto col mondo produttivo.
Gli assessori alla formazione professionale delle cinque province campane  si riuniscono per rivendicare la  loro funzione propositiva  e progettuale in materia, nell’ottica di evitare  un sistema di formazione che si configuri come  perpetuarsi di politiche assistenziali. Contro il proliferare di enti e aziende che svolgono attività formativa,  contro la logica privatistica nella gestione dei corsi, le province rivendicano  una maggiore presenza in vari settori di formazione professionale che  sono  loro sottratti, anche in polemica con la gestione regionale, denunciando il deterioramento del sistema in Campania,  ridotto ad uno strumento di assistenza per i 4000 operatori impegnati.
La centralità del  raccordo tra formazione, lavoro e occupazione,  si arricchisce con la richiesta dell’ alfabetizzazione informatica, innanzitutto per i docenti, che è al centro dell’azione coordinata tra provincia, università, provveditorato agli studi, agenzia per l’impiego, organizzazioni imprenditoriali e  sindacali per il  rinnovo del sistema formativo scolastico ed extrascolastico. (Benedetto Migliore, presidente del CPE,  Un progetto per Napoli: i giovani e la scuola. Introduzione 1987, 1-2)

e) La scuola e l’ambiente

Insieme ad un  più diretto rapporto scuola-lavoro la provincia si attiva per incoraggiare gli alunni ad una maggiore conoscenza del loro territorio. Il 3 giugno 1986 si celebra la “Giornata mondiale dell’Ambiente”  al teatro Mediterraneo, con la partecipazione di circa 200 scuole e 6000 alunni della provincia.

1986 La Provincia e l’ambiente - Incontro di Sorrento del 15 ottobre 1986 organizzato dagli Assessorati all’Ecologia Rafafele Perrone Capano e ai Beni ambientali Franco Casa  della Provincia di Napoli.

Nell’incontro di Sorrento del 15 ottobre 1986 organizzato dagli Assessorati all’ecologia Raffaele Perrone Capano e dall’Assessore  ai beni ambientali Franco Casa,  in collaborazione con Provveditorato agli studi, Presidi e direttori didattici.  Si  denuncia lo stato di degrado in cui versa il territorio della provincia per fortissimo inquinamento. Si prospetta il coinvolgimento delle scuole e delle associazioni ecologiste per il recupero di carta  e il riciclaggio, per l’uso di sacchetti di carta anziché di plastica, si programmano  visite guidate  al  Vesuvio, ai Campi flegrei, alla penisola sorrentina, al bosco della Maddalena nel comune di Casamicciola e ad altri luoghi. (Antonio Vista,  Conoscere per rispettare: scuola e territorio, in “La Provincia di Napoli”, 1986, 3-5).

f) La scuola e l’imprenditoria giovanile

La legge De Vito, n. 44 del 26 febbr. 1987, contenente misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno, si presenta come fortemente innovativa, in quanto unico strumento di incentivazione che non prevede una garanzia reale, tranne la bontà economica del progetto e l’idoneità dell’ipotesi dell’assetto aziendale. Inoltre non prevede riserve per organizzazioni paraimprenditoriali che in passato avevano avuto grandissimo sostegno. Nonostante alcune ingenuità e la non elevata qualità dei primi progetti proposti tramite le camere di commercio, la legge stimola i giovani che, in possesso di un’idea nuova, desiderino misurarsi col mercato per cui vengono richieste garanzie solo sulla fattibilità economica dell’operazione.
Nella sola provincia di Napoli sono presentati a gennaio 1987 84 progetti in vari settori. Si tratta in maggioranza di iniziative di piccole dimensioni, poco legate al settore di servizi “reali” alle imprese, contrariamente alle attese;  constatazioni  che inducono  scarsa fiducia negli effetti della legge (Alberto Rubino La legge De Vito: un'esperienza innovativa per il Mezzogiorno, in “La Provincia di Napoli, 1987, 1-2)

g) Il CPE, l’innovazione, l’ambiente

Ciò ripropone la necessità di  intervenire sul sistema scolastico, ormai  “servizio di massa”,  di garantire il diritto allo studio, collegando scuola e mondo del lavoro, anche attraverso l’uso di strumenti informativi per docenti e discenti,  per adeguarsi alla società post industriale o post-moderna a livello internazionale (Luciano Esposito Scuole ed Enti locali: una convivenza difficile, in “La provincia di Napoli”, 1987, 5-6).
Il CPE (Centro Problemi Educazione), di emanazione della provincia,  si configura, dalla sua istituzione nel 1972,  fino al 1985, come una struttura di servizio per facilitare e favorire processi  innovativi all’interno del sistema scolastico. I nuovi bisogni sono  riportabili tutti alla necessità primaria di assicurare e rendere effettivo il diritto al lavoro. Si tratta di una nuova dimensione del lavoro, non subordinato ad ottiche produttivistiche e consumistiche, ma finalizzata ala piena esplicazione delle libertà individuali, all’interno di una società evoluta e non alienata.
Dagli anni Ottanta l’acuirsi dei fenomeni di devianza giovanile, dalla droga a varie altre forme di delinquenza, comporta una maggiore attenzione all’educazione, cioè alla formazione culturale e professionale,  come educazione continua e permanente, che consenta la piena espressione delle energie fisiche, intellettuali e creative dell’individuo.
Educazione e lavoro sono quanto mai connessi e collegati alla tematica ambientalista,  come recupero non solo paesaggistico, ma igienico-sanitario, delle strutture e dei servizi sociali, dei beni culturali. Prevale perciò l’attenzione, accanto ai tradizionali  servizi scolastici, alle aree di interconnessione tra sistema formativo e sistema sociale e produttivo:  1) educazione e lavoro 2) innovazione e sperimentazione.  (Vittoria Alfano,  Scuola-mondo del lavoro: obiettivo comune, in “La Provincia di Napoli”, 1987, 5-6).

Renata De Lorenzo

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