L'Italia unita
Il periodo postunitario

7 settembre 1860 - il popolo esulta sotto il palazzo Doria d'Angri per l'ingresso di Garibaldi a Napoli

Con l’Unità d’Italia per i Consigli provinciali viene introdotto il sistema elettivo in luogo della nomina regia; la Provincia di Napoli diviene perciò un importante momento di passaggio per gli esponenti della politica locale che puntano alla Camera dei deputati. Il territorio provinciale comprende - contro i 63 preunitari - 69 comuni (divenuti presto 68 con la perdita di Testaccio d’Ischia), a causa di sdoppiamenti di comuni “binari”, di nuove istituzioni e di qualche estinzione. La popolazione è di 876.983 abitanti, secondo il primo censimento italiano del 1861, saliti a 906.752 nel 1871, mentre la città di Napoli sfiora i 450.000 abitanti. Le principali competenze del nuovo consiglio provinciale riguardano strade, scuole, salute pubblica, vigilanza annonaria, acquedotti, manicomi.
Il campo in cui la provincia di Napoli si sviluppa di più nel periodo che va dall’Unità alla prima guerra mondiale riguarda le ferrovie e le tranvie, con la formazione di una rete viaria su ferro di primaria importanza, l’acquedotto ed altri servizi di pubblica utilità. Sono quasi tutti campi in cui il Consiglio provinciale partecipa attivamente – spesso in consorzio con il comune di Napoli o con altri comuni della provincia – alla scelta delle migliori soluzioni e alla vigilanza sulle aziende concessionarie. Queste società, quasi sempre in mano al grande capitale internazionale, per lo più belga o francese, negli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento doteranno Napoli e la sua provincia di tre reti tranviarie a vapore, precocemente elettrificate negli ultimi anni del secolo o all’inizio del Novecento, di altrettante reti ferroviarie complementari, di due funicolari, dell’acquedotto che preleva l’acqua dalle sorgenti di Serino, nell’avellinese, di un sistema di produzione e di capillare distribuzione del gas e delle prime forniture di energia elettrica. Sono tutti campi in cui la provincia di Napoli compi gli stessi passi verso la modernizzazione che fanno contemporaneamente le province italiane più sviluppate.
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, si verifica, a livello nazionale, quello che è stato definito il vero miracolo economico, uno sviluppo industriale intenso e rapido che spinge il paese a intravedere livelli produttivi analoghi – anche se inferiori – a quelli delle maggiori potenze industriali europee. La provincia di Napoli partecipa a questo fenomeno: anche se i risultati raggiunti sono lontani da quelli del triangolo industriale italiano (Milano, Torino, Genova), questa area è di gran lunga la più industrializzata del Mezzogiorno e la quarta del sistema economico italiano. Allo sviluppo provinciale contribuiscono in modo importante i cantieri navali, le fabbriche d’armi e le industrie metalmeccaniche della zona orientale e portuale di Napoli, di Castellammare, Torre Annunziata e Pozzuoli, alcuni risalenti addirittura al periodo preunitario, altre fondate negli anni Settanta o Ottanta. A queste aziende se ne aggiungono altre, di primissimo piano, dopo la legge speciale per Napoli del 1904, tra cui l’Ilva di Bagnoli, il più moderno impianto siderurgico italiano di questo periodo. Accanto all’industria pesante la provincia di Napoli ha anche un vasto tessuto di fabbriche di piccole o medie dimensioni che si occupano di alcune produzioni tradizionali: i molini e pastifici di Gragnano e Torre Annunziata, le concerie, i calzaturifici e i guantifici di Napoli, i laboratori che lavorano il corallo a Torre del Greco, le fabbriche che pettinano la canapa a Frattamaggiore, ed altre ancora.
Tuttavia questo è anche il periodo in cui il numerosissimo sottoproletariato napoletano, come anche le altre classi subalterne, artigiani e operai, stentano la vita. Costoro saranno particolarmente colpiti dall’epidemia di colera del 1884 e saranno poi espulsi dal centro cittadino in seguito allo sventramento dei quartieri bassi messo in atto dopo la legge per il Risanamento di Napoli del 1885. Negli ultimi anni del secolo la classe politica napoletana è al centro di alcuni eclatanti episodi di corruzione, culminati con la famosa inchiesta Saredo, che mette sotto accusa diversi deputati napoletani e l’amministrazione di Comune e Provincia. Frattanto la provincia continua a crescere e nel 1911 la sua popolazione supera 1.300.000 abitanti, nentre i comuni sono diventati 70, con la raggiunta autonomia amministrativa da parte di San Giuseppe Vesuviano e Monte di Procida.

Silvio de Majo

L'istituzione

Popolazione e territorio

Servizi e infrastrutture

Attività economiche e produttive

Eventi

Cultura e Patrimonio
 
   
     
 
Taccuino di viaggio
Edilizia popolare