L'Italia repubblicana

Edilizia popolare

Mappa dei principali quartieri popolari ed operai a Napoli e Provincia dal Risanamento agli anni Sessanta.

I quartieri popolari e operai a Napoli rappresentano un frammento decisamente vasto della disomogenea periferia e sono anche uno specchio delle vicende della politica e della società partenopea. Le prime costruzioni operaie a Napoli vedono la luce con il piano di Risanamento del 1885, che prevede uno sventramento del centro storico e un allargamento della città verso la zona orientale, ma le case popolari divengono protagoniste dello sviluppo della periferia nei primi decenni del Novecento, quando l’IACP (Istituto Autonomo per le case Popolari) inizia le sue intensive edificazioni nella zona orientale e di Fuorigrotta. Con il Fascismo l’Istituto vive un periodo florido e si consolida a Napoli quella tendenza di stampo liberale che ritiene prioritario costruire rioni a favore della borghesia in zone come Posillipo o Chiaia, espressioni delle scelte estetiche del regime e della scarsa attenzione per la cellula abitativa, mentre agli operai sono destinate “case minime” a Capodimonte, di appena 36 mq.

Veduta Quartiere Residenziale INA-Olivetti, Pozzuoli 1952-1963 (tratto da www.luigicosenza.it)

Il secondo dopoguerra segna profondamente Napoli e l’emergenza continua influenza l’edilizia rendendo vana ogni prospettiva lungimirante. La ricostruzione lascia un’immagine del tutto negativa, con affollamenti anche di circa 5 abitanti per vano. Con l’amministrazione laurina, poi, avviene il vero saccheggio di ogni interstizio libero: in aree precedentemente destinate al verde cittadino si realizzano quartieri statali dall’alto affollamento e dalla scarsa dotazione di infrastrutture e quartieri INA-Casa in città e in tutta la periferia.

Prove di Colore di Nizzoli-Oliveri per il Quartiere INA-Olivetti di Pozzuoli (tratto da www.luigicosenza.it)

Questi, pur ricadendo al di fuori di ogni indicazione di piano e pur non riuscendo ad adattare completamente le dotazioni all’aumentato numero degli abitanti, hanno il merito di abbassare gli indici di affollamento, portandoli a circa 1,5 ab/vano e di rendere più confortevoli le abitazioni. Gli anni Sessanta sono inondati dal mito della grande scala e vedono la nascita di rioni dalle notevoli dimensioni, divenuti presto quartieri dormitorio e tristemente noti come contenitori di malessere e di malavita: tali sono il rione Traiano a Soccavo e le Vele di Di Salvo a Scampia. Dagli anni Settanta è vivo il dibattito sul ruolo che le abitazioni popolari hanno avuto nella costituzione della società napoletana e risulta difficile dare un giudizio che sia contemporaneamente valido sia per le tecniche e i progetti che per la vita che in essi si è venuta creando. Esempi in negativo se ne possono contare tanti, ma nel caso del quartiere costruito dalla Società Olivetti nella cittadina di Pozzuoli, in appoggio all’installazione della fabbrica sul suolo flegreo, l’iniziativa privata sostenuta da quella pubblica ha dato davvero lodevoli risultati.

Abitazioni Quartiere Residenziale INA-Olivetti, Pozzuoli 1952-1963 (tratto da www.luigicosenza.it).

Tale intervento vede la felice convergenza delle idee comunitarie e paternalistiche di Adriano Olivetti e dell’esperienza dell’ingegnere Luigi Cosenza, portavoce delle avanguardie della tecnica ma allo stesso tempo promotore di una nuova urbanistica attenta ai bisogni della popolazione e al rispetto dell’ambiente. Il parco residenziale, nato insieme alla fabbrica e ad altre iniziative filantropiche, solleva consensi unanimi perché oltre alla cura degli edifici e all’accurata scelta dei colori e della localizzazione, diviene un luogo accogliente dove vivere, e non solo risiedere. E’ l’esatta realizzazione di quello che per Olivetti è una Comunità: un ambiente umano, con un centro sociale che serve da punto di aggregazione degli abitanti e con alloggi salubri che danno la possibilità di vivere in maniera dignitosa e di passare da una vita contadina e promiscua ad una nuova realtà che nobilita l’operaio attraverso il lavoro e la dimora.

Annamaria Leonatti

 
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