L’artigianato e le manifatture
Il governo francese dimostra grande attenzione verso le manifatture. Effettua una vasta attività di ricognizione per conoscerne lo stato e la diffusione ed individuare settori e modi di intervento; applica un considerevole protezionismo doganale: quello generale, collegato al blocco continentale con cui Napoleone dal 1806 colpisce la produzione industriale inglese, e quello specifico, costituito soprattutto da alti dazi sulle merci esportate nel regno da altri paesi, inclusa la Francia; organizza dal 1809 Esposizioni annuali, a Napoli, destinate a premiare artigiani e imprenditori che si segnalano per una produzione di qualità; favorisce la produzione di alcune materie prime, come la lana merinos e il cotone.
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Intarsio di Sorrento, manifattura Fratelli Galano, collezione privata |
Gli effetti positivi di questa politica non si fanno attendere: in alcuni settori imprenditori stranieri, stimolati dal protezionismo, si trasferiscono nel Regno di Napoli e vi impiantano fabbriche moderne, con un buon livello di meccanizzazione ed alcune centinaia di addetti: concerie, cotonifici, lanifici e cartiere. In provincia di Napoli sono da segnalare i primi passi della lavorazione del corallo a Torre del Greco e le concerie a Castellammare di Stabia. Sulla spiaggia di questa cittadina, dove erano sorti alla fine del XVIII secolo i cantieri navali statali, il francese Guglielmo Teisseire e il tedesco Corrado Haller fondano due opifici dediti alla lavorazione delle pelli. Essi hanno in concessione dei locali demaniali e usufruirono di una privativa (sorta di brevetto) per lo sfruttamento esclusivo di una sostanza conciante. Introducono tecniche di lavorazione moderne e un’organizzazione del lavoro adeguata alla conduzione di uno stabilimento di ampie dimensioni. Ma tante altre sono le iniziative, non sempre coronate da successo. Su tali iniziative, sulle tante attività di minore rilevanza, sui difetti e sulle lacune, sugli auspicabili interventi di sostegno si sofferma il marchese G. De Turris, membro del Consiglio provinciale, in una relazione compilata nel 1808, quando però ancora non sono state impiantate alcune delle industrie di cui si è parlato sopra (come le concerie di Castellammare). Se ne riportano alcuni stralci.
«I lavori di seta sembrano di oggetto particolare di questa provincia, ma in generale sono al di sotto di quelli delle nazioni straniere. Le cause sono note. Mancano le tinte, le macchine da tiratura […].
Se il governo si obbliga a procurare gli stabilimenti suddetti, potrà conseguire il buon fine. Vi sono nei paesi come Sorrento, Piano, e Massa inclinate le femmine al travaglio delle sete. Un orfanotrofio in quei luoghi stabilito con tali principi formerebbe la fortuna di quelle buone, ma povere popolazioni […].
Concerie di cuoi. Le concerie di cuoi per questa provincia esistono solamente in questa capitale con grave scandalo. Sono esse fissate sopra sistemi barbari, che oltre di produrre un’infezione nel loro quartiere per lo metodo sono al di sotto della qualità forestiera, e si rendono utili a pochi capitalisti, e di meschino alimento ad un’infinità di lavoranti, perché di lunga operazione, e per lo spesato maggiore che produce la capitale […].
Lana. La fabbrica della lana è tanto bassa nella capitale, mancante dei primi elementi. Questa per rendersi estesa, utile, e vantaggiosa, necessita di artieri, macchine, tinte, gualchiere, e di gran società. Senza che il governo si occupi ad unire tutti questi elementi principali, sarà meglio contentarsi di migliorare la lana nelle provincie, che la producono colla introduzione di montoni di Spagna detti merini per venderla ai forestieri più cara, che impegnarsi a fare dei panni migliori di quelli che si fanno per uso basso, purché non voglia migliorare le fabbriche come un oggetto di importanza ed allora con la sua protezione e soccorsi può ottenere l’aumento.
Tele. Lavori di tele, canapi, lino, e cotone se ne fanno immensi ma con poca arte, e senza apparenza di miglioramento. In S. Antimo si stabilì una filatura di filo la quale fu disgraziatamente dalle disavventure arretrata. Il Marchese di Montepagano con sodi principi introdusse un’altra filatura di lino capace a formare delle eccellenti tele, ma parimenti per le circostanze fu sospesa. Potrebbero ravvivarsi tali stabilimenti, e dovrebbesi nei conservatori introdurre l’arte di ben filare con regolamenti e con basi sodi. Non è l’ultimo dei mezzi per ottenersi delle buone tele quello della filatura e della manifattura, ma forse la più essenziale è la biancatura e l’apparecchio, quindi è necessario che siano introdotti i metodi di bianchire secondo si pratica in paesi ove fiorisce l’arte delle eccellenti tele. Il reclusorio pel vantaggio dell’acqua della campagna, che potrebbe fornire una vasta prateria, sarebbe il luogo adatto.
Tintoria. Le tintorie, di cui molte ne esistono, non sono che con processi antiquati, e non col soccorso della chimica come altrove si usa; quest’arte ha preso un incremento considerevole altrove. Noi abbiamo molti materiali tintori, senza aver bisogno degli esteri, ma poco conosciuti da nostri pratici. Altri possono con buon esito coltivarsi come il guado e rubbia di cui si è parlato. In Castellammare ne fu stabilita una significante dal Marchese de Turris per le tinture sopra coloni all'uso di Aleppo con grave dispendio, ma si trova ben’anche arrestata dalle circostanze […].
Carta. La carta di ogni spesa in questa provincia e in tutto il Regno è al di sotto per qualità di quella forestiera, malgrado che la situazione di essa, il clima, l'abbondanza dei stracci lo renderebbe capace di mettersi a livello colla stessa. Una sola fabbrica esiste nella Torre dell’Annunciata cattivissima. È ben facile promuoversi un nuovo stabilimento proprio, ed adatto sul fiume Sarno, secondo i principi dell’arte, per conseguirsi il fine enunciato. La proibizione della estraregnazione dei stracci, l’assortimento di essi, gli ordegni a proposito, l’acqua limpida, ed un solo artefice forestiero sono i mezzi per ottenersi la carta di ottima qualità. Se gli amministratori destinati dal governo per la manifattura della carta per lo bollo si fossero occupati a stabilire una cartiera colle regole anzidette, potevano bene conseguire due eccellenti effetti, l’uno di evitar le frodi, che si fanno nella carta per lo bollo, e l’altro della introduzione di una specie di carta all’uso forestiero.
Vetriere. Vi sono molte vetriere ma tutte non esistono dal bisogno dell’estero. Esiste una vetriera all’uso di Venezia, ma questa ha bisogno di miglioramento. Manca intieramente una fabbrica di bottiglie nere di lava, e manca parimenti uno stabilimento di cristalli. Tutti detti oggetti meritano un riguardo dal governo coll’impegnare il possessore della fabbrica dei vetri per finestre di rendere i vetri perfetti, e senza macchie, animare dei vari progettisti per istabilirsi una fabbrica di bottiglie ad uso di Francia con quelle facilitazioni che i materiali del Regno somministrano; mai però nella capitale, dove per la mano d’opera tanto eccessiva, e per lo combustibile tanto caro, rende i prodotti così alti di prezzo, che non trovansi a livello con i forestieri.
Cappelli. Le fabbriche dei cappelli sono di molto migliorate in questa capitale, ma non molto sono di perfezione, come a quelli di Francia […].
Faenze e terraglie. Le faenze dozzinali sono di mediocre perfezione, non così le terraglie. Queste si sono migliorate da qualche anno coll’industria dell’artista Vecchi, ma sono tuttavia lontane da quella conveniente perfezione e consistente all’uso a cui s’impiegano, oltre il gravoso prezzo, che costano a segno, che se le terraglie forestiere non soffrissero il forte dazio del 60% costerebbero assai meno. […]
Solfo ed alume. La occasione dei minerali della solfatara ha più volte dato motivo allo stabilimento delle fabbriche di alume e solfo, ma poco per lo innanzi hanno profittato. Ora mediante le cognizioni chimeniche del Sig. Michele Ferraro si profitta da queste fabbriche, e si è aggiunto anche la formazione dell’olio vetriolico, ossia acido solforico, di ogni buona qualità ed a migliore prezzo dell’estero. Tali fabbriche potranno fiorire di più coll’apertura del commercio. […]
Silvio de Majo