L'età napoleonica - Attività economiche e produttive - Agricoltura

Un documento del tempo sullo stato dell’agricoltura

L’economia della provincia di Napoli nei primi anni dell’Ottocento è piuttosto florida, anche se non mancano pecche ed esigenze di migliorare le tecniche di coltivazione e di trasformazione di alcuni prodotti. Le autorità napoletane mostrano nei confronti dell’agricoltura una notevole sensibilità. Un esempio è la relazione presentata al Consiglio provinciale nel 1808 da uno dei suoi più autorevoli membri, il marchese G. De Turris. La relazione è molto attenta ad individuare le differenziazioni all’interno della provincia tra le varie aree e ad analizzare le caratteristiche delle principali coltivazioni. Se ne riporta un ampio stralcio.

Antonino Fiorentino, Zia Ottavia e il vitello, 1940,
olio su tavola,  mm 240 x 190,  Collezione privata.

Stato dell’agricoltura. «L’agricoltura della provincia di Napoli sembra la più bene intesa ed eseguita; ciò non ostante riducendola in termini particolari soffre dell’eccezioni che la rendono soggetta ad essere in molte sue parti migliorata. […]
Boschi e selve. Questa provincia presenta molti boschi e selve, parte per uso di fuoco, parte per bottami ed altri usi economici. […]
Viti. Le viti generalmente in questa provincia sembrano ben coltivate, ma nella manifatturazione dei vini si pecca quasi generalmente giacché nessuna attenzione si usa nella manovrazione, nella scelta delle uve, nella fermentazione, nella qualità degli ordegni, e nella conservazione.
Con ispecialità tali difetti sono nei territori di Vico, Piano di Sorrento, Sorrento, Massa dove si potrebbero fare squisitissimi vini per l’ottima qualità delle uve. […]
Vini. I vini d’Ischia si potrebbero vendere della qualità di alcuni degli esteri, attesa la buona disposizione del terreno, a qual’oggetto potrebbe il governo mandare ivi quei manifatturieri di vini qui stabiliti, accordando loro qualche privilegio. I vini del territorio di Pozzuoli fino alla punta di Miseno meritano una delle principali considerazioni, essendo essi di qualità da resistere a qualunque navigazione, e di uso comune del Nord e di America. Se questi vini fossero fatti con maggior attenzione diverrebbero con la navigazione migliori dei vini rossi di Portogallo. A ciò forse si dovrebbero usare dal governo i predetti mezzi, con aggiugnervi anche la libera uscita senza dazio alcuno che è di poca conseguenza al Regio Erario. […]
Olivi ed olio. La provincia produce dei buoni olivi, benché la coltura sia bene intesa, la formazione degli oli manca per la qualità dei frantoi, strettoi, e per la loro succidezza, ciò non ostante gli oli non sono di qualità cattiva; ma se le provvidenze del governo si versassero a far togliere tali difetti sarebbero i nostri oli al pari di quelli di Provenza. […]
Cotoni. La coltivazione è qui ben intesa al pari di Puglia, ed introdotta principalmente nei territori della Torre dell'Annunziata e Castellammare. […]
Lini e canape. I lini e canape sono del pari ben coltivati, ma molto si pecca sulla macerazione. Si sa che la macerazione in acque stagnanti è sempre nociva ai fili, che alle volte rende poco resistenti, e costantemente poi di color bruno, oltre ai danni gravissimi che producesi all'aria, e con ciò alla pubblica salute.
Sarebbe opportunissimo, che la macerazione dei lini e canape si facesse in acqua corrente per la miglior qualità, del filo, e per evitarsi i detti inconvenienti, e con ciò spedirsi in fiumi opportuni come si usa sotto le ispezioni del governo in altre nazioni. Ciò maggiormente merita considerazione, atteso che detta macerazione in lagni fassi nelle vicinanze di questa capitale. La loro coltivazione meriterebbe di essere aumentata, specialmente se la nostra marina sì regia che mercantile riprendesse il suo vigore.
Rubbia tintoria. Merita tutta l’attenzione la coltivazione della rubbia tintoria. Fu questa introdotta un tempo dal Marchese de Turris in Castellammare, allorché aveva ivi stabilita una tintoria ad uso di Levante, ma dalla sua assenza si è estinto un tale ramo d'industria. La sua introduzione ci toglierebbe dal bi­sogno di farne acquisto dal Levante, e dagli Olandesi, tanto più che la nostra indigena riesce meglio di quella degli esteri. […]
Guado. La coltivazione del guado merita qualche considerazione, specialmente ora, perché ci minorerebbe del bisogno di un genere coloniale qual è l’indaco.

Seta. La provincia di Napoli ha per principale articolo la produzione della seta, questa tirata nel rozzo modo antico dà un prodotto di carlini 181 a libra, prezzo medio, quando se si tirasse all'uso di Piemonte, o sia all’organzino, potrebbe dare il doppio prodotto. Se n’era incominciata la introduzione, ma questa poco favorita non ha ottenuto la divulgazione, che avrebbe potuto rendere un prodotto così utile accresciuto e ridotto al doppio senza una spesa maggiore, e con l'applicazione di tante semine inutili. Per conseguirsi ciò in ogni paese ci sono i buoni cittadini che possono essere incaricati a vigilare ad una scuola. Piccioli soccorsi posson darsi dal governo […]».

Silvio de Majo

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