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Viaggi, escursioni e soggiorni nel golfo ai primi dell’Ottocento
La Provincia di Napoli è uno dei territori più antichi e interessanti della geografia turistica del Mediterraneo. Già all’inizio dell’Ottocento quest’area così limitata sollecita una complessità di immaginario che dà vita a un fitto intreccio di pratiche di viaggio, di escursione e di soggiorno. Il respiro europeo della grande città di Napoli nel corso del Settecento ha attratto uomini di cultura dell’intero continente. A partire dalla seconda metà del secolo, sotto la spinta di potenti mutamenti della società e della cultura nordeuropea, la qualità e l’intensità dei flussi sono molto mutate. La città è la tappa più a sud dell’ultima fase del grand tour, che interessa soprattutto letterati, artisti e antiquari, attratti dalla combinazione di natura e cultura dei Campi Flegrei e dalla singolarità dei ritrovamenti archeologici di Pompei ed Ercolano intrapresi dai Borbone.
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Viaggiatori visitano il Museo delle pitture antiche a Portici. Particolare di un acquerello di Thomas Rowlandson (1756-1827) conservato nel Victoria and Albert Museum, Londra e pubblicato in Marc Boyer, Il turismo, dal Grand Tour ai viaggi organizzati,
Universale Electa/Gallimard, Trieste 1997. |
A questi si aggiungono la vivacità della popolazione, la bellezza del paesaggio, l’interesse scientifico suscitato delle eruzioni del Vesuvio e dai fenomeni naturalistici dell’area flegrea. Contemporaneamente spingono verso Napoli anche interessi di ordine medico; infatti medici autorevoli, in particolare inglesi, prescrivono ai propri pazienti, affetti da malattie polmonari, soggiorni terapeutici a Napoli, raccomandando di navigare a vela nel golfo e di respirare l’aria flegrea, ricca di esalazioni di zolfo; numerose guide edite a Napoli o all’estero descrivono accuratamente le proprietà dell’aria dei diversi quartieri della città e delle diverse zone del golfo. Negli stessi ultimi decenni del Settecento anche Napoli, sul modello delle città nord europee, ha ridisegnato il proprio litorale, adattandolo alla nuova domanda di distrazione e divertimento espressa dalla nobiltà stabilmente residente nella capitale. La Villa Reale voluta dai Borbone si sviluppa lungo il mare; è luogo di gioco e di passeggio ed è qui che fa mostra di sé l’inclinazione della città al godimento e a una certa mondanità chiassosa.
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La Villa Reale al tramonto, 1839-40 ca., acquerello su carta, mm 280x440, Napoli, Certosa e Museo di San Martino, dono Alisio (2004), inv. 29951, pubblicato in: I colori della Campania. Omaggio a Giacinto Gigante, Electa Napoli, Napoli, 2006. |
Il secondo Settecento ha visto anche l’incremento di un movimento interno alla stessa provincia. Napoli, come tutte le grandi città, esprime infatti essa stessa una domanda di loisir. La nobiltà della corte borbonica pratica la villeggiatura alle pendici del Vesuvio, dove, al seguito del re – che ha edificato una Reggia a Portici, per seguire da vicino i lavori di scavo delle città antiche di Pompei ed Ercolano – la nobiltà napoletana ha costruito ville incantevoli lungo il litorale vesuviano, su una strada che viene ben presto definita “il miglio d’oro”. Contemporaneamente si svolgono movimenti minori, diretti ad esempio verso i centri termali, di cui la provincia è ricca. Castellammare di Stabia è una stazione di villeggiatura termale rinomata e citata in tutte le guide del tempo. Anche sull’area flegrea gli stabilimenti termali non mancano. Qui anzi la pratica del termalismo rievoca i fasti dell’età classica e imponenti sono i resti delle antiche terme romane. Il Decennio francese non interrompe i flussi e le pratiche di soggiorno e divertimento ereditate dal secondo Settecento, ma ne muta profondamente la fisionomia, inserendovi nuovi modelli e nuovi segmenti sociali dai tratti più specificamente borghesi.
Annunziata Berrino
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