L'Italia unita - Attività economiche e produttive - Industria

La provincia nella bufera alle soglie del Novecento

Nell'ultimo ventennio del secolo XIX si assiste a Napoli ad un notevole inasprimento della 'questione sociale'. L'euforia suscitata dall'intensa politica di lavori pubblici iniziata nel 1885 (sindaco Nicola Amore) in seguito all'ondata di colera dell'anno precedente è di breve durata. La speculazione prima e l'interruzione dei lavori poi mettono sul lastrico migliaia di braccia. Sicché, negli anni successivi, il malessere sociale, giunto all'apice, sfocia in gravi disordini che nell'aprile-maggio 1898 determinano una vera e propria insurrezione a causa del caro-pane, interpretata come la prima "generale sommossa" contro il fisco. Si parla di “stato d'assedio”. Gli scandali del biennio successivo fanno il resto. è, soprattutto, il giornale socialista «La Propaganda» a sollevare la "questione morale", mettendo a nudo gli abusi amministrativi del sindaco Celestino Summonte e l'affarismo del deputato napoletano Alberto Aniello Casale. Il che comporta lo scioglimento del Consiglio comunale e la nomina di una Commissione d'inchiesta nota come Inchiesta Saredo, dal nome del senatore Giuseppe Saredo che la presiedette. L'inchiesta suscita un vivace dibattito nelle aule parlamentari e sulla stampa e fornisce a Francesco Saverio Nitti, professore di Scienza delle finanze nell'Ateneo napoletano argomenti per i suoi scritti sulla 'questione' di Napoli e del Mezzogiorno. Il tutto porta alla costituzione nell'aprile 1902 della Reale Commissione per l'incremento industriale di Napoli. Presieduta dal senatore Luigi Miraglia, a settembre dell'anno successivo presenta una relazione finale che farà da base alla legge n. 351 dell' 8 luglio 1904, per il risorgimento economico di Napoli. È la prima volta che una legge speciale viene a rompere la tradizione unitaria ed uniforme della legislazione. Al di là delle polemiche e delle discussioni che influenzeranno non poco il giudizio storico sui risultati, per molti aspetti essa segna, invece, l'inizio di un difficile processo di modernizzazione produttiva, reso possibile tuttavia dall'incontro tra competenze tecniche e iniziative industriali; tant'è che instaura nel Mezzogiorno una forma di intervento straordinario, certamente non marginale. Scopo della legge è l'industrializzazione della città di Napoli, sostenuta con forza da Nitti, per farne il volano per l'intero Mezzogiorno. Essa prende in considerazione opportuni provvedimenti al fine di soddisfare la duplice finalità di ogni iniziativa industriale: produrre a bassi costi; liberare le materie prime da ogni imposizione; rendere possibile l'utilizzazione delle forze naturali per la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica a basso costo; assicurare una facile collocazione del prodotto sul mercato; facilitare i trasporti aprendo le vie del mare e potenziando il servizio ferroviario. Com'è facile immaginare, i condizionamenti, gli ostacoli, i ritardi (soprattutto a livello tecnico) non saranno pochi, fino a snaturare i contenuti della legge, a causa delle "pressioni esercitate dal blocco di potere anti-giolittiano sorto dall'unione del capitale settentrionale…con il capitale locale bancario e mercantile", in un "intreccio singolare" tra l'imprenditoria legata al "capitale produttivo"" con quello "speculativo". Tuttavia, si può affermare che i risultati non mancano. Il più rilevante è rappresentato dalla nascita di nuove iniziative industriali e l'ampliamento di altre, grazie alle agevolazioni fiscali e doganali, previste dalla legge e da una serie di interventi pubblici e privati. I maggiori beneficiari sono i settori tessile (i due grandi cotonifici: la Società anonima ligure-napoletana di filatura e tessitura e Industrie tessile napoletane) e meccanico. Grandi società del settore meccanico sono: l’antica industria milanese Miani e Sivestri (che nel 1905 assorbe l'Hawthorn Guppy trovatasi in gravi difficoltà finanziarie e tecniche), che si trasforma nel 1907 in Officine meccaniche, con una più moderna fisionomia organizzativa, un capitale di sette milioni e mezzo di lire e oltre 1800 tra operai e impiegati; la Società anonima officine ferroviarie italiane (S.O.F.I.A.), che sorge nel 1906 con 600 operai; la Società officine napoletane per materiale ferroviario e tranviario, che nasce l'anno successivo con 1750 operai; l'Ilva, frutto degli stretti legami annodati tra l'industria napoletana e il capitale industriale e finanziario nazionale. L'elenco si allunga con società facenti capo a molti altri settori: quello alimentare, dai mulini e pastifici ed altri prodotti, come la Società Valsacco (1905) per la fabbricazione dello zucchero; le conserve alimentari della Società A. Bevilacqua & Co.; la Società in nome collettivo italo-francese Bardouin & Huraut (1907), produttrice di frutta candita, sciroppi e confetture. E poi la Società lombarda-napoletana per prodotti chimici e farmaceutici (1908), nonché altre società di dimensioni inferiori per la lavorazione del legno, materiali da costruzione e altro ancora.

Franca Assante

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