L'Italia unita - Servizi e infrastrutture - Sanità e beneficenza - Legislazione

Legislazione

La gestione dell'assistenza e della sanità in Italia era concepita durante tutto il secolo XIX in maniera ancora generica e indistinta, ma soprattutto era motivata da scopi essenzialmente benefici e caritativi. La povertà e l'indigenza, i drammatici risvolti sociali che queste comportano, incrociavano per tradizione il sentimento religioso e i doveri filantropici del buon cristiano. La Chiesa, e con essa le Opere pie, enti in parte laici, istituzioni create ad hoc dal clero e da singoli esponenti delle classi più abbienti, erano i principali depositari e custodi dell'attività di beneficenza, della sua organizzazione, oltre che dell'amministrazione dell'ingente “patrimonio dei poveri”. L'assistenza, che comprendeva nel suo alveo anche iniziative a scopo formativo e rieducativo, concepita all'insegna della buona volontà individuale, era anche, di fatto, un viatico di ingenti lasciti patrimoniali.

Honorè Daumier
Vagone di terza classe, 1863-1865
olio su tela, cm 65x90
The Metropolitan Museum of Art, New York

Il faticoso processo evolutivo in materia di assistenza e beneficenza pubblica iniziò con la legislazione napoleonica che introdusse nei vari Stati italiani, e quindi anche nella Provincia di Napoli, normative di laicizzazione. In epoca postunitaria i più rilevanti interventi legislativi si ebbero nel 1862, nel 1888 e nel 1890. La prima normativa dell'Italia unita in materia di assistenza e sanità, quella del 1862, tendeva a definire e regolamentare le Opere pie, assegnandone la tutela alle amministrazioni provinciali (art. 14 della legge 3 agosto 1862). “Era riconosciuta come opera pia, un'iniziativa assistenziale privata dotata della sua autosufficienza patrimoniale, diretta a fini caritativi, operante con continuità, riconosciuta giuridicamente dall'erezione in ente morale, vincolata per legge alle sue finalità statutarie e sottoposta quindi a una serie di controlli pubblici per l'amministrazione e la contabilità”. Con la legislazione del 1862 si tentò la razionalizzazione dello status quo rappresentato dal complesso mondo delle opere pie; tale processo fu accompagnato da un vivace dibattito e da un denso lavoro d'indagine sugli statuti dei singoli enti, le loro finalità, l'erogazione dei servizi, ecc… Attraverso i sistemi conoscitivi messi in opera si intendeva anche impedire ogni forma di abuso amministrativo e finanziario da parte degli istituti assistenziali e delimitare la tradizionale ingerenza che l'autorità ecclesiastica esercitava nella gestione delle attività di assistenza. “Questa era la concezione della società italiana postunitaria; lo Stato liberale non assisteva: muovendo dall'equiparazione a virtù civile del momento caritativo individuale e religioso, esso si poneva piuttosto come garante del buon funzionamento delle istituzioni private riconosciute e deputate alla beneficenza pubblica e ne sorvegliava la gestione patrimoniale, condizione ritenuta indispensabile alla loro autosufficienza e autonomia, identificando la migliore gestione degli enti con l'incremento dei capitali e delle rendite, e con la tesaurizzazione degli introiti; da qui l'attenzione prevalente ai beni e alle modalità di amministrazione”. A fine secolo XIX “la legislazione crispina rappresentò una modernizzazione coerente, se non altro perché iniziò a disciplinare separatamente assistenza e sanità fino ad allora confuse, a distinguere cioè le opere pie dagli ospedali (di cui però tenacemente permaneva, per una sorta di inerzia, l'antico carattere dell'ospedale-ospizio-cronicario-asilo per inabili e indigenti); in definitiva la legislazione di fine secolo affermò l'importante principio del doveroso intervento dello Stato a tutela della salute dei cittadini, intesi come capitale della nazione e come potenzialità economica, e non più come soggetti da curare per un'istanza politico-morale”. Nel 1890 si giunse al coordinamento di tutte le attività benefiche e di carità, enti morali e opere pie, nelle istituzioni pubbliche di beneficenza amministrate dalle Congregazioni di carità istituite in ogni Comune. Le trasformazioni legislative che segnano il passaggio dalla carità al più moderno concetto di assistenza e sicurezza sociale, accentuando il processo di secolarizzazione del settore, si potranno considerare concluse solo nel XX secolo: nel 1923 avvenne la creazione dell'IPAB, acronimo di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza; nel 1958 fu istituito per la prima volta in Italia il Ministero della Sanità; nel 1968 si sancì l'autonomia degli enti ospedalieri, nel 1975 si ebbe il trasferimento delle competenze alle regioni.

Paola Milone

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