L'Italia unita - Servizi e infrastrutture - Pubblica sicurezza

L’ordine pubblico in età liberale

Le difficoltà politiche e militari dell’unificazione del 1860 trovano riscontri significativi nella crisi di ordine pubblico che investe il Mezzogiorno rurale con l’esplosione del “grande brigantaggio”. Anche nella capitale si verifica l’evenienza straordinaria di una camorra emergente sulla scena pubblica. La vera e propria natura di contropotere dell’organizzazione estorsiva, aggregatasi da alcuni decenni tra le carceri e diversi mercati di Napoli e provincia, nonché attiva nella cogestione dell’ordine pubblico con la polizia, emerge con chiarezza nell’estate del 1860, quando il governo provvisorio inserisce nella guardia cittadina un certo numero di camorristi. Alla collaborazione utile nel passaggio di regime, le nuove autorità di Pubblica Sicurezza fanno seguire un’intensa repressione, che utilizza la legge del 1863 contro il brigantaggio, affidando la comminazione di pene extragiudiziarie alla Commissione provinciale per l’invio a domicilio coatto. La riproduzione della camorra in età liberale mostra però presto tutta la forza di un fenomeno capace di adattarsi al mutamento sociale ed anche di entrare precocemente in relazione con il mercato elettorale. Nei decenni che precedono l’emigrazione di massa dal Mezzogiorno rurale, lo Stato liberale vince la battaglia contro il brigantaggio del 1861-1870, grazie ad un duro impegno militare. Contemporaneamente il nuovo regime rappresentativo consente che la domanda politica del Mezzogiorno si esprima attraverso la prima “questione meridionale”. Lungo il grande brigantaggio la provincia di Napoli aveva del resto espresso dinamiche più politiche che sociali: alcune bande dei Monti Lattari e del vesuviano erano infatti saldamente collegate alla forte opposizione borbonica.

Corpo dei Reali Carabinieri

Dalla Polizia alla Pubblica Sicurezza
La nuova denominazione del sistema di polizia, che dal Piemonte del cosiddetto “decennio di preparazione” (anni ‘50 dell’Ottocento) si sarebbe estesa all’Italia unita, segna un passaggio ideologico, centrale nel modello statuale liberale, legittimando il controllo dell’ordine pubblico come servizio alla società civile. Questo passaggio istituzionale ha i suoi riscontri anche nelle province meridionali e segnatamente in quella napoletana. Qui le autorità di questura e delle sottoprefetture, in collaborazione con il corpo dei Reali Carabinieri, devono fronteggiare negli anni 1860-’70 il brigantaggio, pur delimitato al vesuviano e ai Monti Lattari, ed una camorra aggressiva nei mercati legali urbano-rurali, come in quelli illegali (contrabbando, gioco d’azzardo, microcriminalità). La Pubblica Sicurezza ha acquisito presso le popolazioni una legittimazione a livelli sempre ambivalenti; il suo funzionamento è stato spesso scadente, come espressione di un corpo radicato nei poteri locali e talvolta propenso a pratiche di corruzione. Tuttavia la storia della Pubblica Sicurezza a Napoli e provincia restituisce l’immagine di un’istituzione funzionante e nel suo insieme adeguata all’atteso “progresso dei tempi”. Accanto al controllo della delinquenza, sempre molto densa sul territorio urbano e rurale, e alla strutturazione della Polizia giudiziaria, la Pubblica Sicurezza entra nel nuovo campo della mediazione dei conflitti del lavoro. All’inizio del Novecento la sindacalizzazione del vasto mondo del lavoro in particolare a Napoli, Castellammare, Torre Annunziata progredisce notevolmente.

Marcella Marmo

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Pubblica sicurezza

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Camorra
Inchiesta Saredo
Processo Cuocolo
La camorra tra '800 e '900
 
     
   
 
Bibliografia