L'Italia repubblicana - Attività economiche e produttive - Industria

L’industria degli anni Settanta e Ottanta

Dopo la crisi energetica del 1973 l’industria della provincia di Napoli stenta a riprendersi. Moltissimi sono i posti di lavoro persi ed esteso è il ricorso alla Cassa integrazione. Negli anni successivi fanno registrare un certo progresso i settori della costruzione dei mezzi di trasporto (costituito da una serie di piccole e medie unità di produzione al servizio soprattutto degli stabilimenti Alfa Romeo ed Aeritalia di Pomigliano d’Arco), quello delle pelli e del cuoio e quello poligrafico. Tutti gli altri comparti manifatturieri – anche quello metalmeccanico, che resta quello di maggiori proporzioni – sono in calo e concorrono in modo più o meno vistoso all’inizio della deindustrializzazione della provincia.

Magnaghi, Napoli
tratta da Augusto Vitale, Napoli e l'industria 1840-1990,
Camera di Commercio di Napoli, Collana Studi per il Mezzogiorno

Negli anni Ottanta la situazione non migliora. Anzi le aziende che scompaiono sono alcune centinaia, mentre di nuove ne vengono fondate solo poche decine. Inoltre permane il vecchio problema della prevalenza assoluta delle imprese di piccola o di grande dimensione (che è per lo più in mano alle partecipazioni statali), mentre mancano pressoché del tutto quelle medie che altrove costituiscono il nocciolo duro dell’industria. Sono in crisi anche settori ancora floridi nel decennio precedente, come calzature, cartotecnica, concia.
In tutta la provincia, accanto al processo di ridimensionamento del patrimonio produttivo, è in atto un processo di delocalizzazione: le fabbriche vanno via dalle aree industriali della città di Napoli e dai sette comuni della fascia costiera più industrializzati (Bacoli, Pozzuoli, Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata e Castellammare) e vengono installate nei comuni a nord della città, favoriti dalla vicinanza con le autostrade e dalla disponibilità di suoli a buon mercato. In questa area sono localizzati la maggior parte degli agglomerati ASI (area di sviluppo industriale) sorti in questo periodo: Caivano, Acerra, Giugliano-Qualiano, Casoria-Arzano-Frattamaggiore. Quest’ultima area svolge un ruolo centrale: alla fine degli anni Ottanta contiene quasi trecento unità produttive con almeno 10 dipendenti: 95 ad Arzano, 79 a Casoria, 55 a Grumo Nevano, 37 a Casavatore, 21 a Frattamaggiore.
Le altre aree ASI della provincia sono verso est (Pomigliano d’Arco e Nola-Marigliano). L’unica che include antiche zone di industrializzazione è quella della Foce del Sarno, che riguarda Torre Annunziata, Castellammare e Gragnano, ma anche Sant’Antonio Abate, cittadina leader nella produzione di conserve di pomodoro. I settori prevalenti di tutta la provincia sono il meccanico, l’alimentare, il chimico, dei mezzi di trasporto e soprattutto quelli delle scarpe e dell’abbigliamento. Un importante settore innovativo è poi rappresentato dal polo aeronautico, costituito dall’Alenia (sua punta  di diamante), dall’Alfa avio di Pomigliano, dalla Magnaghi di Napoli (sistemi di atterraggio), e dalla Partenavia di Casoria (veicoli leggeri). Alla fine degli anni Ottanta vi lavorano 11.000 addetti nei 5 stabilimenti leader, dove si conseguono ottimi risultati nella ricerca, nella modernizzazione e nella formazione. Il comparto è completato da una trentina di aziende medio-piccole legate da contratti di fornitura, dove sono occupati 2.000 lavoratori e da un’articolata galassia di piccole e piccolissime unità produttive, che si pongono come subfornitori o produttori di servizi collaterali.

Silvio de Majo

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