L'età napoleonica - Stato della Provincia

Una relazione sulle condizioni della Provincia

Nel 1808 il marchese G. De Turris presenta al Consiglio provinciale di Napoli una relazione sull’economia della Provincia. Si tratta di un documento di grande interesse perché si sofferma su settori come la pesca, le bonifiche (disseccamenti), le strade, le acque ed i fiumi e perché contiene anche note interessanti sull’agricoltura e sulle manifatture.

Stato dell'agricoltura. L'agricoltura della provincia di Napoli sembra la più bene intesa ed eseguita; ciò non ostante riducendola in termini particolari soffre dell’eccezioni che la rendono soggetta ad essere in molte sue parti migliorata.
Gelsi. La coltivazione dei gelsi era quasi distrutta per causa del dazio che pagavasi sulla seta. Questo trovasi ora felicemente abolito, ma ciò non basta rianimare questo ramo d’industria, e vi bisognerebbe qualche incoraggimento per chi facesse delle nuove piantagioni, di un piccolo premio per ciascun albero ridotto a stato di frutto.
Vivai. Mancano in questa provincia dei vivai d’ogni genere di piante per cui si deve ciascun provvedere in quelli di Terra di Lavoro, dove per mezzo di concimi ed acque si producono delli rampolli poco atti a questi territori, onde converrebbe per la maggior floridezza degli alberi in questa provincia, che i rampolli fossero indigeni, per cui sarebbe da promuoversi dei vivai.
Boschi e selve. Questa provincia presenta molti boschi e selve, parte per uso di fuoco, parte per bottami ed altri usi economici, e come la rendita dei primi è molto tenue e quella della seconda è considerevole, così converrebbe anche per utile del commercio esterno ridursi i boschi a selve, specialmente perché si dovrebbe prendere in considerazione il cosiddetto Demanio di Vicoequense, le altre delle montagne di Castellammare, quelle del piano di Sorrento, e Massa.
Ciò ottener potrebbesi mediante un censimento di questi luoghi quasi abbandonati col rilascio nei primi anni del pagamento del censo purché li censuari li renderebbero alla retta coltivazione, e forse in qualche parte si potrebbero ridurre anche in altri generi di coltura.
Viti. Le viti generalmente in questa provincia sembrano ben coltivate, ma nella manifatturazione dei vini si pecca quasi generalmente giacché nessuna attenzione si usa nella manovrazione, nella scelta delle uve, nella fermentazione, nella qualità degli ordegni, e nella conservazione.
Con ispecialità tali difetti sono nei territori di Vico, Piano di Sorrento, Sorrento, Massa dove si potrebbero fare squisitissimi vini per l’ottima qualità delle uve.
A questo bisogna aggiungere che il metodo d’imporsi, nelle comuni di detti luoghi, l’assisa del vino nei mesi di novembre e maggio col dritto proibitivo eguale sopra tutte le qualità, produce il maggior dei mali sulla deteriorazione sempre più della qualità, per la quale cosa converrebbe, che il governo senza perdita di tempo ordinasse che sia un tale abuso abolito, tanto più perché reclamato anche dal Consiglio Distrettuale. Converrebbe nel tempo stesso che il governo animasse degli esperti ed intelligenti cittadini a migliorare la detta manifatturazione, da servire di esempio agli altri.
Vini. I vini d'Ischia si potrebbero vendere della qualità di alcuni degli esteri, attesa la buona disposizione del terreno, a qual’oggetto potrebbe il governo mandare ivi quei manifatturieri di vini qui stabiliti, accordando loro qualche privilegio.
I vini del territorio di Pozzuoli fino alla punta di Miseno meritano una delle principali considerazioni, essendo essi di qualità da resistere a qualunque navigazione, e di uso comune del Nord e di America. Se questi vini fossero fatti con maggior attenzione diverrebbero con la navigazione migliori dei vini rossi di Portogallo.
A ciò forse si dovrebbero usare dal governo i predetti mezzi, con aggiugnervi anche la libera uscita senza dazio alcuno che è di poca conseguenza al Regio Erario.
Per i vini del circondario del Vesuvio bisognerebbe farsi dei tentativi per conoscersi d’onde provenga quel senso disgustoso detto tanfa, ed il modo da toglierlo, che fa ributtarli nel com­mercio estero, mentre senza di esso sarebbero di molto pregio.
Olivi ed olio. La provincia produce dei buoni olivi, benché la coltura sia bene intesa, la formazione degli oli manca per la qualità dei frantoi, strettoi, e per la loro succidezza, ciò non ostante gli oli non sono di qualità cattiva; ma se le provvidenze del governo si versassero a far togliere tali difetti sarebbero i nostri oli al pari di quelli di Provenza.
Questa coltivazione meriterebbe ampliazione e con ispecialità nel territorio d’Ischia, dove quei naturali domandano la censuazione di un’agrimata di vasta estensione di circa quattrocento moggia, di cui finora per la insufficienza dei naturali non si è fatto uso alcuno, quantunque fosse suscettibile di una piantagione di olivi.
Cotoni. La coltivazione è qui ben intesa al pari di Puglia, ed introdotta principalmente nei territori della Torre dell’Annunziata e Castellammare. Per una economica vista converrebbe, che [diminuisse] tale coltivazione, giacché i predetti danno maggior frutto con altri generi di coltura. Lo stato attuale di commercio comporta in essi luoghi la coltivazione del cotone, attesa la decadenza del prezzo per la mancanza di ricerche degli altri generi, ma equilibrato il commercio farà divenire a ciocché si è detto. Ad ogni buon fine la coltura del cotone merita di esser propagata non solo per questa provincia, ma per tutto ove comporta in questo Regno, e così livellarsi da sé una tale produzione, con le altre da esser di utile nel generale.
Delle due manifatture sarà appresso parlato.
Lini e canape. I lini e canape sono del pari ben coltivati, ma molto si pecca sulla macerazione. Si sa che la macerazione in acque stagnanti è sempre nociva ai fili, che alle volte rende poco resistenti, e costantemente poi di color bruno, oltre ai danni gravissimi che producesi all’aria, e con ciò alla pubblica salute.
Sarebbe opportunissimo, che la macerazione dei lini e canape si facesse in acqua corrente per la miglior qualità, del filo, e per evitarsi i detti inconvenienti, e con ciò spedirsi in fiumi opportuni come si usa sotto le ispezioni del governo in altre nazioni. Ciò maggiormente merita considerazione, atteso che detta macerazione in lagni fassi nelle vicinanze di questa capitale. La loro coltivazione meriterebbe di essere aumentata, specialmente se la nostra marina sì regia che mercantile riprendesse il suo vigore.
Rubbia tintoria. Merita tutta l'attenzione la coltivazione della rubbia tintoria. Fu questa introdotta un tempo dal Marchese de Turris in Castellammare, allorché aveva ivi stabilita una tintoria ad uso di Levante, ma dalla sua assenza si è estinto un tale ramo d’industria. La sua introduzione ci toglierebbe dal bisogno di farne acquisto dal Levante, e dagli Olandesi, tanto più che la nostra indigena riesce meglio di quella degli esteri.
Un moggio coltivato a questo genere può dare a conto fatto cento ducati l’anno dove ci sia dell'acqua, e ciò deve servire di sprone alla detta coltivazione.
Guado. La coltivazione del guado merita qualche considerazione, specialmente ora, perché ci minorerebbe del bisogno di un genere coloniale qual è l’indaco.
Seta. La provincia di Napoli ha per principale articolo la produzione della seta, questa tirata nel rozzo modo antico dà un prodotto di carlini 181 a libra, prezzo medio, quando se si tirasse all’uso di Piemonte, o sia all'organzino, potrebbe dare il doppio prodotto.
Se n’era incominciata la introduzione, ma questa poco favorita non ha ottenuto la divulgazione, che avrebbe potuto rendere un prodotto così utile accresciuto e ridotto al doppio senza una spesa maggiore, e con l’applicazione di tante semine inutili. Per conseguirsi ciò in ogni paese ci sono i buoni cittadini che possono essere incaricati a vigilare ad una scuola. Piccioli soccorsi posson darsi dal governo, come dei manganetti, e qualche caldarino, per far conoscere coll’esempio al pigro produttore, che il suo vicino ha fatto libre dieci di seta, e lavorate a quel modo ne ha ricavato ducati trentasei, al contrario delle sue dieci libre [che] ne ha prodotto ducati dieciotto.
I lavori di seta sembrano di oggetto particolare di questa provincia, ma in generale sono al di sotto di quelli delle nazioni straniere. Le cause sono note. Mancano le tinte, le macchine da tiratura, come di sopra si è detto.
Se il governo si obbliga a procurare gli stabilimenti suddetti, potrà conseguire il buon fine. Vi sono nei paesi come Sorrento, Piano, e Massa inclinate le femmine al travaglio delle sete. Un orfanotrofio in quei luoghi stabilito con tali principi formerebbe la fortuna di quelle buone, ma povere popolazioni.
Tanti conservatori di donne povere della capitale, abbandonate all’inerzia, ed alla contemplazione perché non occuparsi ai travagli della seta con quei principi che possono migliorare l'arte?
Pesca. Si esegue la pesca con metodi in alcuni tempi nocivi, a quell’effetto si desidera che si pongano in vigore i regolamenti emanati su tale assunto, ed implorarne dal governo la esecuzione predetta.
Si effettua poi questa industria da una classe di gente miserabile a segno di non potersi provvedere di ordigni opportuni. Onde va soggetta a gente denarosa non solo per detti ordigni, come per una tenue mercede, nel mentre che si espone a tanti pericoli, questa meschina gente, che serve di vivaio alla marineria regia e commerciale. Intanto fassi una specie di monopolio nella vendita del pesce da detta gente oziosa ed usuraia col pubblico detrimento.
Bisognerebbe con qualche modo sollevare pria di tutta la classe operativa dei pescatori per non essere vittima degli oziosi usurai, ed alleviarli altresì da quel restante dazio che esiste sul pesce in questa capitale, e da ogni altro che possa esservi negli altri luoghi di questa provincia, giacché il pubblico potrebbe restare più contento pagando l’importo di tale dazio su di altri generi.
Concerie di cuoi. Le concerie di cuoi per questa provincia esistono solamente in questa capitale con grave scandalo. Sono esse fissate sopra sistemi barbari, che oltre di produrre un’infezione nel loro quartiere per lo metodo sono al di sotto della qualità forestiera, e si rendono utili a pochi capitalisti, e di meschino alimento ad un’infinità di lavoranti, perché di lunga operazione, e per lo spesato maggiore che produce la capitale.
Si era posta in Castellammare da un ginevrino una grandiosa fabbrica di cuoi col sistema di Seghen; la mancanza dei capitali e la poco accorta economia fece in poco tempo svanire tale stabilimento.
Un provvido governo può rianimare una tal fabbrica con questi aiuti, che sono usi di accordarsi, e può riflettere se convenga riconcentrare tutte le fabbriche di cuoi in quel paese favorito dalla natura, e cacciarle dalla capitale ove producono una infezione, e non possono prosperare, come nelle gran capitali vengono tutte le fabbriche arretrate per le cause ad ogni economista.
Lana. La fabbrica della lana è tanto bassa nella capitale, mancante dei primi elementi. Questa per rendersi estesa, utile, e vantaggiosa, necessita di artieri, macchine, tinte, gualchiere, e di gran società. Senza che il governo si occupi ad unire tutti questi elementi principali, sarà meglio contentarsi di migliorare la lana nelle provincie, che la producono colla introduzione di montoni di Spagna detti merini per venderla ai forestieri più cara, che impegnarsi a fare dei panni migliori di quelli che si fanno per uso basso, purché non voglia migliorare le fabbriche come un oggetto di importanza ed allora con la sua protezione e soccorsi può ottenere l’aumento.
Tele. Lavori di tele, canapi, lino, e cotone se ne fanno immensi ma con poca arte, e senza apparenza di miglioramento.
In S. Antimo si stabilì una filatura di filo la quale fu disgraziatamente dalle disavventure arretrata.
Il Marchese di Montepagano con sodi principi introdusse un’altra filatura di lino capace a formare delle eccellenti tele, ma parimenti per le circostanze fu sospesa. Potrebbero ravvivarsi tali stabilimenti, e dovrebbesi nei conservatori introdurre l’arte di ben filare con regolamenti e con basi sodi. Non è l’ultimo dei mezzi per ottenersi delle buone tele quello della filatura e della manifattura, ma forse la più essenziale è la biancatura e l’apparecchio, quindi è necessario che siano introdotti i metodi di bianchire secondo si pratica in paesi ove fiorisce l’arte delle eccellenti tele. Il reclusorio pel vantaggio dell’acqua della campagna, che potrebbe fornire una vasta prateria, sarebbe il luogo adatto.
Tintoria. Le tintorie, di cui molte ne esistono, non sono che con processi antiquati, e non col soccorso della chimica come altrove si usa; quest’arte ha preso un incremento considerevole altrove. Noi abbiamo molti materiali tintori, senza aver bisogno degli esteri, ma poco conosciuti da nostri pratici. Altri possono con buon esito coltivarsi come il guado e rubbia di cui si è parlato.
In Castellammare ne fu stabilita una significante dal Marchese de Turris per le tinture sopra coloni all'uso di Aleppo con grave dispendio, ma si trova ben’anche arrestata dalle circostanze.
Le tintorie converrebbe che fossero dirette da istruiti chimici, e potrebbesi animare di bel nuovo quella di Castellammare.
Carta. La carta di ogni spesa in questa provincia e in tutto il Regno è al di sotto per qualità di quella forestiera, malgrado che la situazione di essa, il clima, l'abbondanza dei stracci lo renderebbe capace di mettersi a livello colla stessa. Una sola fabbrica esiste nella Torre dell’Annunciata cattivissima.
È ben facile promuoversi un nuovo stabilimento proprio, ed adatto sul fiume Sarno, secondo i principi dell’arte, per conseguirsi il fine enunciato.
La proibizione della estraregnazione dei stracci, l’assortimento di essi, gli ordegni a proposito, l’acqua limpida, ed un solo artefice forestiero sono i mezzi per ottenersi la carta di ottima qualità.
Se gli amministratori destinati dal governo per la manifattura della carta per lo bollo si fossero occupati a stabilire una cartiera colle regole anzidette, potevano bene conseguire due eccellenti effetti, l’uno di evitar le frodi, che si fanno nella carta per lo bollo, e l’altro della introduzione di una specie di carta all’uso forestiero.
Vetriere. Vi sono molte vetriere ma tutte non esistono dal bisogno dell’estero. Esiste una vetriera all’uso di Venezia, ma questa ha bisogno di miglioramento. Manca intieramente una fabbrica di bottiglie nere di lava, e manca parimenti uno stabilimento di cristalli. Tutti detti oggetti meritano un riguardo dal governo coll’impegnare il possessore della fabbrica dei vetri per finestre di rendere i vetri perfetti, e senza macchie, animare dei vari progettisti per istabilirsi una fabbrica di bottiglie ad uso di Francia con quelle facilitazioni che i materiali del Regno somministrano; mai però nella capitale, dove per la mano d’opera tanto eccessiva, e per lo combustibile tanto caro, rende i prodotti così alti di prezzo, che non trovansi a livello con i forestieri.
Cappelli. Le fabbriche dei cappelli sono di molto migliorate in questa capitale, ma non molto sono di perfezione, come a quelli di Francia. Ora hanno spaccio tra noi, mancando questi pel commercio intercettato, ma attivate dal commercio non avranno alcuna ricerca, che perciò sarebbe ora tempo da cercarne la migliorazione con dei tentativi.
Faenze e terraglie. Le faenze dozzinali sono di mediocre perfezione, non così le terraglie. Queste si sono migliorate da qualche anno coll’industria dell’artista Vecchi, ma sono tuttavia lontane da quella conveniente perfezione e consistente all’uso a cui s’impiegano, oltre il gravoso prezzo, che costano a segno, che se le terraglie forestiere non soffrissero il forte dazio del 60% costerebbero assai meno.
Acquavita. Fabbriche di acquavita vi esistono in piccolo ed in grande, e sono ridotte ad un segno opportuno a dare utile a questa provincia come succederà col commercio attivo.
Solfo ed alume. La occasione dei minerali della solfatara ha più volte dato motivo allo stabilimento delle fabbriche di alume e solfo, ma poco per lo innanzi hanno profittato. Ora mediante le cognizioni chimeniche del Sig. Michele Ferraro si profitta da queste fabbriche, e si è aggiunto anche la formazione dell’olio vetriolico, ossia acido solforico, di ogni buona qualità ed a migliore prezzo dell’estero. Tali fabbriche potranno fiorire di più coll’apertura del commercio.
Cera. Questa provincia ha industria di api. Ha bisogno però delle manifatture di cera specialmente all’uso di Dison e Venezia. In detti luoghi non evvi processo differente dall’ordinario nell’imbianchirla, e tutto il buon effetto nasce che a Dison si travaglia sopra una montagna altissima di roccia, ed in Venezia in mezzo al mare, nei quali luoghi non vi è polvere che ricader possa sulla cera esposta all’atmosfera per cui riesce così pura, e bianca.
Fabbrica di cotone. Si è parlato della coltivazione dei cotoni, il Consiglio Distrettuale di Castellammare ha stimolato per istabilire le dette filature in quella città facendo conoscere quanto sarebbe utile allo Stato ed a quella popolazione detta fabbrica di filatura, anche per animare semprepiù la coltivazione suddetta.
Ciò dà motivo risolvere le vedute su di tali manifatture.
Molte sete, e manifatture di cotone si eseguono ma di un modo assai rozzo, mentre che se la filatura corrispondesse potrebbe impiegarsi a miglior travaglio.
Converrebbe assolutamente prendersi in mira di stabilire delle scuole e degli orfanotrofi per un'ottima filatura con questi sodi principi, che già si conoscono. Castellammare potrebbe esser un luogo dei principali per questi stabilimenti.
Prima del 1799 il Marchese de Turris con tanta fatiga e spesa avendo fatto venire da fuori delle maestre aveva introdotta la filatura con detti principi nel Conservatorio di Castellammare, e corrispondeva felicemente all’idea il buon fine, ma partito da quella città tutto andiede in degradazione.
Con tutti questi tentativi mai si è potuto ottenere di avere dei lavori simili all’estero, e di egual prezzo. Necessitano delle macchine e deve considerarsi dal governo, come della massima importanza. La macchina di Master si dovrebbe procurare. Di questa ve n’era un modello in Caserta, se potesse ottenersi per mezzo di esse tale macchina, il fine sarebbe conseguito, non ottenendosi poi detta macchina per le circostanze converrebbe ricorrere e provvedervi di quella che si usa in Francia.
Disseccamenti. Se possibile fosse di disseccarsi il lago di Agnano con tutt’i stagni adiacenti si purificherebbe non solo l’aria di quei luoghi, giovandosi alla salute di quelle prossime popolazioni, ma si otterrebbe una considerevole estensione di terra da coltivarsi. Queste tali osservazioni hanno luogo più per mezzo delle società, che con altri modi, a quale oggetto si dovrebbe animare quei naturali a conoscere l’importanza, ed intavolare qualche società d’intrapresa. Una ispezione e perizia potrebbe additar la spesa prossima, e servir di confronto all’utile per detto incoraggimento.
Strade. Da Castellammare e Massa non evvi strada né rotabile, né per semplice, come essendo balze pericolose, sulle quali bisogna camminare con sommo timore a cavallo. Per mezzo del mare si provvede di molti generi di prima necessità alle comuni di Vico, Piano, di Sorrento, e Massa, e nei tempi burascosi mancano con danno di dette comuni.
Questo bisogno è stato anche esposto dal Consiglio di quel Distretto.
Di grand’utile sarebbe almeno riattare detta strada per le semplici some, sperandosi in seguito la esecuzione del Regio De­creto che ordina la strada rotabile sino a Sorrento.
Il Consiglio Provinciale ha esposto esser necessaria la formazione d’una strada a Pozzuoli, a Baia, proponendo diroccarsi l’antica grotta di comunicazione che oltre esser nido di ladri è molto stretta ed incomoda. Il pregio d’antichità ceder dovrebbe all’utile pubblico, qualora non vi fosse altro modo di fare detta strada. Inoltre sarebbe necessario l’accomodo della strada che porta da Agnano in Pozzuoli, cominciata, ma sempre attrassata in danno di quelle popolazioni.
Il Consiglio Distrettuale di Castellammare ha proposto doversi riattare la strada di Bosco che conduce ad Ottaiano, essendo resa poco praticabile.
Queste strade è vero che sono di utile generale, ma essendo di massimo profitto delle comuni, giacché attirandosi il commercio si aumenta il prezzo delle loro derrate, perciò il governo dovrebbe ordinare la costruzione, e la rifazione di tutte le suddette, occorrendo farne l’equa distribuzione della spesa alle comuni alle quali più incumbe.
Acque e fiumi. Nella provincia non vi sono altri fiumi che quello detto Launo. Esso divide il territorio di Castellammare da quello della Torre dell’Annunciata. Più volte è stato progettato di renderlo navigabile, ma senz’effetto. Se ciò si verificasse quantunque in apparenza di grande oggetto produrrebbe infinito vantaggio alla provincia di Napoli e porzione di quella di Terra di Lavoro e Principato Citra.
Nel Piano di Sorrento vi sono molte sorgenti di acque, ma trascurate, le quali se fossero [impiegate], il che sarebbe facile, potrebbero rendersi utili a dar moto a macchine, e specialmente i molini che vi mancano all’intutto e si debbono spedire per mare i generi alla Torre dell’Annunciata per esser macinati, e tante volte che il mare è burrascoso, scorrono dei giorni che la popolazione è priva di farina.
Questa provincia è fornita di acque minerali dai più remoti tempi, ed oggi dai più lontani paesi chiamano i forestieri per farne uso. Le principali conosciute sono di Castellammare, d’Ischia, Pozzuoli, e Napoli, e malgrado che a detti paesi producono un’infinità di vantaggi per il concorso dei forestieri, con orrore si vedono derelitte, sporche e senza riguardo mantenute con iscandalo di coloro che vi concorrono, ed in discapito di una nazione culta.

Conviene dunque pregare il governo perché si degni di proporre i più pronti mezzi per mettere tali preziosi prodotti della natura in un’apparenza che possano far lustro alla nazione, e possano esser resi di maggiore utilità a dette popolazioni ed ordinarsi agli accademici adattare di formare gli analisi di tutte queste acque, onde con memorie stampate si faccia noto ai presenti ed alla posterità la qualità di esse.

Silvio de Majo

 
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