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La marineria del golfo di Napoli durante il Decennio francese
Già alla fine del XVIII secolo le comunità costiere appartenenti all’odierna provincia di Napoli sono intensamente dedite alle attività marinare. Giuseppe Maria Galanti nella Descrizione geografica e politica delle Sicilie (1786), pur deplorando le non floride condizioni della marineria mercantile del Regno, scrive che «I luoghi dove si esercita, sono Napoli, Procida, Ischia, Torre del Greco, Castello a mare, Sorrento, Vico-Equense, Positano, Conca e Vietri». Con il toponimo ‘Sorrento’, più che all’antico centro urbano, l’intellettuale molisano intende riferirsi ai villaggi e casali del pianoro tufaceo esterno alla città, costituenti oggi i comuni di Meta, Piano di Sorrento e Sant’Agnello.
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Infatti, sull’onda della generale ripresa degli scambi nel Mediterraneo del secolo precedente, gli abitanti delle zone costiere del napoletano hanno un ruolo sempre maggiore nell’approvvigionamento della capitale e si inseriscono saldamente sulle rotte che collegano l’Adriatico e lo Ionio al Tirreno. L’aumento della domanda permette loro di specializzarsi nel trasporto dei prodotti agricoli nel sud Italia e del Levante verso i porti di collegamento dell’Europa occidentale (Genova, Marsiglia, Cadige). In tal modo riescono a fare concorrenza alle più affermate marinerie europee e spaziano in tutti i porti del Mediterraneo, non disdegnando - quando le tradizionali potenze marittime sono impegnate a farsi guerra - di uscire da Gibilterra per cercare di inserirsi nei lucrosi traffici col Nord Europa e con le Antille. Gli esponenti più in vista della borghesia dei centri marittimi del golfo già a partire dal XVIII secolo conseguono innegabili successi nel settore della navigazione commerciale, grazie alle solide e capaci imbarcazioni costruite nei cantieri da spiaggia di Procida e della costiera sorrentina ed alla qualità delle loro scuole nautiche. La promettente situazione della marineria della provincia di Napoli non viene compromessa dalle complesse vicende dell’età napoleonica, le quali tuttavia ne rallentano lo sviluppo. La guerra senza quartiere condotta dalla flotta britannica contro Napoli e l’applicazione del blocco continentale portano quasi alla paralisi del commercio marittimo. In compenso, però, gli stretti contatti con la progredita tecnologia marittima francese, come pure il confronto e i contatti con gli inglesi, contribuiscono non poco ad allargare ed internazionalizzare la mentalità degli operatori marittimi napoletani. Nel giro di pochi anni si fanno più rare le tipiche imbarcazioni mediterranee (polacche, pinchi, tartane, marticane), mentre nei cantieri del golfo le maestranze si cimentano con la costruzione di nuovi tipi di navi da carico: brigantini (brick) e golette (schooner), di evidente derivazione atlantica. Inoltre durante i primi anni dell’età murattiana la guerra sul mare ha come teatro principale il controllo delle isole del Golfo, e così, sia la flotta borbonica-siciliana che quella murattiana-napoletana si contendono i giovani sorrentini e procidani, appartenenti alle famiglie di antica tradizione marinara; sono ritenuti, infatti, i più esperti nelle manovre e molti faranno carriera come piloti e come ufficiali di rotta della Regia marina. L’intensificarsi dei contatti culturali ed economici con gli ambienti d’oltralpe favorisce ancor più l’affermarsi di innovazioni, senza più l’azione frenante della corte: viene riorganizzato il cantiere di Castellammare fondato da Acton, si diffondono strumentazioni nautiche più precise, assieme all’uso dei logaritmi per il calcolo del punto di navigazione e all’introduzione delle unità di misure decimali e della tonnellata marittima. Infine, il settore della pesca del corallo, cui si dedicano gli equipaggi di Torre del Greco con parecchie centinaia di feluche coralline risente positivamente dell’inserimento in dinamiche politiche più ampie. Grazie agli accordi governativi con le reggenze barbaresche e alla protezione garantita dalla flotta regia, i pescatori torresi possono spingersi senza problemi fino sulle coste del Nord Africa, conquistando un ruolo di assoluto rilievo nel rifornire di materia prima l’industria del lusso nell’Europa napoleonica. Nel Decennio francese, quindi, se non è possibile un ampliamento della marina mercantile, si affermano e si consolidano le riforme, proposte e avviate, già durante la prima età borbonica, dai personaggi di spicco dell’illuminismo meridionale, che avevano dovuto affrontare l’indifferenza se non addirittura l’ostilità del sovrano e dei suoi ministri. Valga come esempio, tra tanti, la stampa e la diffusione delle carte dell’Atlante Marittimo del Regno, realizzato dal Rizzi Zannoni già nel 1785, su direttive di Ferdinando Galiani. Inoltre vengono rivolte maggiori attenzioni alle scuole di formazione degli ufficiali della marina mercantile, valorizzando l’esperienza oramai consolidata delle scuole nautiche del Piano di Sorrento, che faranno da modello per tutto il regno.
Francesco D’Esposito e Biagio Passaro |
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