Il Regno delle Due Sicilie - Attività economiche e produttive - Commercio
Il commercio

Nell’ambito di una numerosa e composita borghesia che si afferma a Napoli nell’Ottocento preunitario ci sono anche tanti mercanti, finanzieri e uomini di affari, esportatori e importatori, appaltatori, piccoli e grandi venditori, in una parola una borghesia commerciale che cresce assieme alle sempre più numerose e complesse transazioni, alle produzioni e ai consumi. Molti di costoro si occupano del commercio estero del Regno delle Sicilie, che è incentrato sulle esportazioni di varie materie prime, effettuate spesso dai porti vicine alle aree di produzione, della Puglia e della Calabria: grano, olio, seta, grezza o lavorata, liquirizia, robbia, canapa e lana. Le importazioni – dirette prevalentemente nel porto di Napoli – riguardavamo tanti generi manufatti e soprattutto tessuti di lana, cotone, seta, lavori di moda, ma anche i cosiddetti generi coloniali: zucchero, cacao, pepe; oltre al baccalà e allo stoccafisso.

Giacinto Gigante, La Villa Reale a Ischia. Iscrizioni «Ischia 4 agosto 1856» in basso a sinistra, a matita; «G Gigante» a destra matita, acquerello e tracce di quadrettatura su carta avorio, mm 285x450. Napoli, Certosa e Museo di San Martino, dono Ferrara Dentice (1934), inv. 23584. Pubblicato in I colori della Campania. Omaggio a Giacinto Gigante, Electa Napoli, Napoli, 2006.

L’elite commerciale e finanziaria, che è sicuramente la componente più ricca e dinamica della borghesia napoletana, si occupa inoltre del trasporto e della vendita del grano pugliese a Napoli. Questi commercianti e mediatori sono anche contemporaneamente dei finanzieri, proprietari di vere e proprie banche, e degli armatori, proprietari di diverse navi (a vela), di cui alcune in piena proprietà ed altre in società con i costruttori di navi e con dei piccoli mercanti. Molti di questi uomini dì affari sono stranieri, soprattutto svizzeri e francesi, venuti nel regno durante il Decennio in cerca di fortuna e divenuti presto, grazie all’aiuto dello Stato, ricchissimi. Francesi sono René Hilaire Degas, proprietario di una banca, probabilmente la maggiore del regno, creata nel 1807 su impulso di Giuseppe Bonaparte; Claudio e Riccardo Duchaliot, tra i maggiori esportatori di seta grezza del paese; svizzeri sono Auguste Meuricoffe e Emmanuel Appelt, finanzieri ricchissimi e poliedrici, nonché Davide Vonwiller, che a Napoli ha l’ufficio commerciale che sovrintende alle vendite e agli acquisti delle fabbriche di cotone che lui o altri imprenditori elvetici collegati hanno in attività in provincia di Salerno.

Napoletani o comunque del regno, ma operanti da tempo a Napoli, sono diversi altri importanti commercianti: la ditta di Raffaele Falanga e Raffaele e Domenico Montuori, tra i maggiori rivenditori di grano all’ingrosso, campo in cui sono attivissimi – con proprie flotte – anche Filippo, Felice, Giuseppe e Nicola Buono, Francesco De Martino e i suoi fratelli; Giovanni Finizio, tra i principali esportatori di seta; Giovanni e Natale Sorvillo, Costantino, Pietro, Gennaro e Giuseppe Volpicelli, Gioacchino, Michele, Tommaso e Federico Ricciardi, Francesco Stella, che operano nei più svariati settori. Molti di costoro sono ai vertici nella Camera di Commercio di Napoli, costituita nel 1808, con funzioni limitate e di consulenza, ma comunque importante organo preposto a regolare gli affari. In un’apposita sala nell’edificio dei ministeri si esercita la Borsa di commercio, aperta tutti i giorni feriali dalla nove di mattina alle quattro pomeridiane, sotto il controllo di un commissario di polizia. Qui si riunivano – come afferma una pubblicazione del 1844 – «sotto l’autorità del governo i banchieri, i negozianti, i trafficanti, gli agenti di cambio, i regi sensali, i capitani di navigli, ed in una parola tutti coloro che compongono il personale del commercio per trattarvi delle compra vendite di effetti pubblici e derrate o mercanzie qualsivogliano; della fissazione de’ cambi, dei noleggi, delle assicurazioni, ed in generale di qualunque altro oggetto suscettibile di negoziazione».

Silvio de Majo

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Bibliografia