Tra le due guerre - Attività economiche e produttive - Industria - Pastifici

L’industria della pasta

Tra le due guerre mondiali l’industria della pasta napoletana (di Napoli, Castellammare, Secondigliano e soprattutto Gragnano e Torre Annunziata) attraversa un periodo piuttosto critico. Negli anni ’20, dopo la drastica interruzione dovuta alla prima guerra mondiale, riprendono le esportazioni, ma solo ai livelli di fine Ottocento e dei primissimi anni del Novecento,  equivalenti  solo ad un quarto di quelle raggiunte del periodo 1910-14.
Le difficoltà aumentano nei primi anni ’30, a causa della crisi del 1929 e della successiva politica autarchica: le esportazioni segnano un ulteriore ridimensionamento; vistoso è di conseguenza il calo produttivo ed occupazionale. Una relativa ripresa si verifica nella seconda metà del decennio grazie alle colonie italiane, ma i pastifici restano inchiodati ad un basso regime di attività per le connesse difficoltà di approvvigionamento del grano duro e per la mancanza di altri buoni sbocchi. La diminuzione delle importazioni di grano duro determina anche l’inutilizzazione di una buona metà del potenziale produttivo dell’industria molitoria campana.
Frattanto si verifica una rivoluzione tecnologica nell'industria della pasta, grazie all’invenzione delle macchine continue, delle stenditrici automatiche e degli essiccatoi ruotanti. Queste innovazioni consentono la diffusione e il potenziamento dei pastifici nelle altre regioni, vale a dire di quella concorrenza interna che nel secondo dopoguerra determinerà la crisi decisiva dell'industria di Gragnano e Torre Annunziata.   Per il momento queste due cittadine riescono a conservare un buon numero di aziende funzionanti: nel 1939, 50 a Torre, con circa 2.500 addetti; 23 a Gragnano, ma con soli 500 operai.

Silvio de Majo

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