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La codificazione della gastronomia napoletana nell’ideologia nazionale

G. Giovannetti, Disegno, in «Le vie d’Italia. Rivista mensile della Consociazione turistica italiana», anno XLV, settembre 1939.

Alla fine degli anni ’20 il Touring club italiano conduce un vero e proprio censimento della gastronomia italiana regione per regione. Vede così la luce la Guida gastronomica d’Italia, edita nel 1931 a Milano.
Ne riportiamo qui di seguito integralmente le pagine dedicate alla Provincia di Napoli – parte del più ampio capitolo dedicato alla regione campana –, perché, a oltre 70 anni dalla sua redazione, risulta di una completezza descrittiva difficilmente rinvenibile nei testi successivi. È un testo importante, che diverrà un riferimento per la letteratura guidistica successiva e soprattutto perché, ampiamente divulgato, contribuirà alla codificazione di un’identità gastronomica regionale all’interno di quella più ampia nazionale. Il volume infatti non è un ricettario, bensì un completamento della guidistica turistica, mediante il quale il Touring club italiano opera un riconoscimento ufficiale della cultura gastronomica italiana. È il prima passo per emancipare la cucina nazionale dalla soggezione della raffinata e irraggiungibile cucina francese, che domina nella ristorazione dei grand hotel. Si tratta di un riconoscimento che naturalmente arriva quando il turismo va assumendo una taglia popolare, e quando i pesanti effetti della crisi economica impongono l’impiego dei prodotti alimentari nazionali, adeguatamente valorizzati in opere di ampia divulgazione.
Il capitolo dedicato alla Campania si apre con un quadro generale della cultura alimentare dell’area napoletana, segue l’analisi delle grandi industrie alimentari della regione: quelle delle paste, quelle conserviere (il pomodoro) e quelle casearie (le mozzarelle). Segue un elenco analitico e puntuale delle “pietanze” e dei “dolci”.
L’attenzione del testo è ovviamente concentrata sulla cultura gastronomica della provincia di Napoli, considerata predominante sull’intera regione. Si tratta, com’è ovvio, di una semplificazione che ha le sue motivazioni nella storica preponderanza della cultura dell’ex capitale del regno borbonico, ma anche negli effetti del modello di turismo che sta vivendo la regione, che assegna da secoli maggiore rilevanza geografica, e dunque maggiore fama, al golfo di Napoli.
Infine, tra le righe leggiamo il tentativo di “ripulire” il gusto e le pratiche gastronomiche dei napoletani. È un fenomeno che non ritroviamo solo nella gastronomia, ma, nel corso degli trenta, nell’immagine complessiva di Napoli.

 

 
Annunziata Berrino
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