Tra le due guerre - Portosalvo

Una processione a Napoli

“In questa chiesa era da vedersi allora tutta la gente di Quartiere, specie in quella di Portosalvo: e marinai delle osterie, e ragazze strane, e bellissime mogli di bottegai, e piloti antichi e giovani; quindi tutti i monelli e la gentucola del luogo, fra cui Lorelei e le portinaie parenti. Qui luminarie, e archi di trionfo, e poi al pomeriggio grande gita della Regina, che veniva posta in barca con azzurra vela (fremendo innanzi ai cancelli verdi il popolo e il sole) e seguita dal popolo fedelissimo, portata all’imbarco. Dal nostro balcone, e così da tutti gli altri pavesati a festa, e dalle terrazze zeppe di gente, si vedeva ogni cosa; e il quadro scintillante nella barca che usciva da uno di questi vicoli, e i preti e i ragazzi e le spose, il popolo in una parola, sgargiante e clamoroso, gli occhi arditi e i canti con in testa la banda. Nell’ora del tramonto si procedeva verso il molo, dove avveniva l’imbarco. Ma anche sotto il mio balcone montava la gente, e tutta l’acqua era agitata e s’udivano risa e vociare confuso. Procedeva intanto la Regina verso la bocca del porto, sotto il faro già acceso, e tutta la selva dei rimorchiatori gettava fischi continui, acutissimi, e altresì fischiavano le navi enormi, ch’erano venute dai paesi civili”.
(Anna Maria Ortese, Quartiere, in Angelici dolori, Milano,Bompiani, 1937)

La Chiesa di Portosalvo a Napoli, punto di riferimento e di aggregazione per la piccola comunità di popolani gravitanti nella zona del porto, emerge dai ricordi di una adolescente Anna Maria Ortese. Dalla policromia della cupola gentile rinasce l’incanto di una antica processione, evento straordinario nel cuore della città distratta dai suoi tanti traffici. La Madonna col suo bambino in braccio viene infatti portata in barchetta, tra la folla compatta, fino a raggiungere il molo vicino, ove il suo percorso riparte, stavolta via mare, come per estendere la santa protezione proprio su quelle acque a cui i devoti (marittimi, naviganti pescatori) affidano la vita e i sogni di benessere. I colori e i rumori della cerimonia rituale stordiscono l’osservatrice, che dall’alto delle proprie finestre avverte, nel calare delle prime ombre della notte, il misterioso e sfuggente fascino di una festosa e innocente tradizione. Nel suo “dolente splendore” sembrano infatti annodarsi segrete speranze e paure, pulsioni di vita e di morte, fino a trasformare l’euforia del momento in sentimenti di vaga trepidazione.

Caterina De Caprio

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