|  | 
                
                  
                    | 
                       Il Prefetto nell'Italia repubblicana 
 Con la caduta del fascismo si   dovette procedere a ristabilire un controllo governativo centrale su tutto il   Paese e il Prefetto continuò a svolgere questo ruolo di “massimo organo   amministrativo periferico, terminale politico-operativo dell'apparato della   sicurezza, agente elettorale del governo, motore della vita economica e sociale   della provincia, tutore dell'ente locale”.
 
                      
                        |  |  
                        | I prefetti di Napoli dal 1861 ad oggi. I nomi dei prefetti sono ricamati a mano dalle suore benedettine del Monastero di San Paolo di Sorrento, che provvedono ad aggiornarli ad ogni nuova nomina.
 Sede: Prefettura di Napoli
 |  Nel 1946, dopo il ritiro del   Governo militare alleato, il Governo richiamò i Prefetti nominati dai Comitati   di liberazione nazionale e offrì loro l'inserimento nei ranghi dei Prefetti di   carriera soggetti al potere centrale romano o il congedo. Pochi accettarono, per   cui, alla vigilia delle prime elezioni amministrative post guerra, a capo delle   province rimasero tutti i Prefetti di carriera, molti dei quali avevano già   prestato servizio nel periodo fascista; questi, identificati come strumenti del   potere e dell'oppressione del regime, ne condivisero la caduta e scesero molto in   basso nella considerazione dell' opinione pubblica.
 Entrata in vigore la   costituzione si aprì il dibattito sul decentramento amministrativo e sul   regionalismo. La mancata attuazione dell'ordinamento regionale contribuì alla   conservazione della figura del Prefetto. Il timore del comunismo, i problemi   economici e sociali dell'immediato dopoguerra, la necessità a livello centrale   di restaurare libertà soffocate in periodo fascista, ma soprattutto di poter   gestire e manovrare gruppi interessati alla ricostruzione, fecero sì che i   Prefetti continuassero ad avere un ruolo basilare.
 Nonostante l'estendersi   dei compiti dello Stato e la conseguente crescita del numero delle   amministrazioni, nonostante che la Costituzione non nominasse mai questo organo,   prevedendo piuttosto un Commissario del governo, la legge 8 marzo 1949, n. 277   ripropose l'art. 19 del t.u.l.com.prov. 1934; al Prefetto venne riconosciuto un   ruolo prioritario rispetto alle altre cariche amministrative periferiche, in   quanto espressione del Governo in provincia.
 Dato il carattere   tendenzialmente "generale" delle attribuzioni, gli furono sottratti molti dei   compiti più incidenti presenti nella precedente formulazione dell'art. 19,   lasciandogli interamente quello della sicurezza pubblica. Tuttavia il nuovo   testo dello stesso articolo cancellò ogni ingerenza del Prefetto nella vita   amministrativa degli Enti Locali e furono espresse forti resistenze alla   primazia prefettizia sugli altri uffici periferici dell'amministrazione dello   Stato. L'istituto prefettizio rimane ancora comunque il referente delle istanze   statuali unitarie a livello locale, anche se subito dopo l'introduzione delle   regioni nel 1970 sembrava aver perso spessore istituzionale. Dagli anni Ottanta   nuove competenze, frutto di una
 legislazione speciale, hanno portato alla   creazione di “Comitati Provinciali della Pubblica Amministrazione” e di   “Comitati metropolitani”; nuove funzioni in materia di droga, scioperi nei   servizi pubblici essenziali, antimafia, statistica, hanno riproposto il ruolo   nevralgico e operativo del Prefetto rispetto alle autonomie   territoriali.
 Nelle attuali prospettive di istanze federali e decentrate il   Prefetto “generalista” ha una importante funzione di collegamento tra varie e   disaggregate funzioni statali, tra centro e periferia, tra Stato e Autonomie   Locali.
 ”….Rispetto all'opzione federalista la presenza del Prefetto può,   perciò, trovare legittimazione proprio in virtù del principio di sussidiarietà,   enunciato dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, che - com'è noto - intende   introdurre nel sistema attuale una sorta di federalismo amministrativo a   Costituzione invariata, ove si consideri che il carattere multipolare   dell'Amministrazione Pubblica inevitabilmente richiede un momento di coesione a   livello locale, un punto di riaggregazione delle residue funzioni statali   decentrate, assicuri l'efficienza dell'azione amministrativa.”
 “In   un'amministrazione sempre più complessa, caratterizzata dalla settorializzazione   e dalla verticalizzazione degli apparati, l'esigenza primaria per raggiungere   livelli adeguati di efficienza è quella di rendere l'azione degli uffici   pubblici sempre più vicina ai cittadini, favorendone la partecipazione e,   comunque, snellendo le procedure.
 L'affastellarsi di competenze eterogenee   impegna il Prefetto sui più disparati campi sollecitandolo ad una maggiore   attenzione al "sociale", ora riportandolo alla tutela della sicurezza (anche se   in forme aggiornate), ora chiedendogli una complessa opera di ricucitura del   tessuto amministrativo statale periferico e di questo con il sistema dei poteri   e delle Autonomie Locali.”
 Nel corso dei decenni, attraverso acquisizione o   passaggi di competenze fra la Prefettura ed altri enti, i Prefetti hanno quindi   continuato ad operare fino ad arrivare alla fine del XX secolo al cambio della   denominazione della Prefettura in Ufficio territoriale del Governo, D.L.   30.07.1999 n. 300, art. 11 e D.P.R. 17.5.2001 n. 287.
 |  
                    |  |  
                    | Renata De Lorenzo |  
                    |  |  
                    |  |  
                    |  |    |  |  |  |